Qualora servisse ancora, per una volta di più – l’ultima –, ha tagliato netto: non continuate a tirarmi per la giacca. Non ci sarà un secondo mandato, neppure a tempo. Sergio Mattarella, accomiatandosi dal Csm, ha augurato ai consiglieri «buon lavoro con il nuovo Presidente». Non ci sono margini per ripensamenti e il pressing non è gradito. L’aver riaffermato – non ha fatto altro negli ultimi 14 mesi – l’indisponibilità a un’eventuale rielezione, costringe i leader degli schieramenti a far di conto con una carta in meno dal tavolo, la più “confortevole” per chi puntava e punta al mantenimento dello “status quo”: Mattarella al Quirinale, Draghi a Palazzo Chigi fino alla primavera del 2023, quando si tornerà alle urne. Ma di fatto la mossa del Presidente, alla luce del pantano in cui sono invischiati i partiti, genera soprattutto una spinta: la strada per il Colle è aperta per Mario Draghi. Unica carta che il centrosinistra potrebbe giocare, pena l’arrocco nell’attesa che lo schieramento avversario muova ufficialmente la sua pedina. Berlusconi scioglierà – così ha promesso – la riserva domenica. È uomo capace di tutto. Può provare a forzare, cominciando a sondare le fedeltà sin dal primo scrutinio, come potrebbe sgomberare il campo dalla sua divisiva presenza indicando un nome. Che andrebbe concordato con Salvini e Meloni, e per ragioni di cortesia con le galassie centriste. L’iperattivismo di Salvini sta infastidendo il Cavaliere, il quale teme che il segretario della Lega lavori a un “piano B”, un candidato che Pd, Leu e Lega possano trovare potabile. Giorgia Meloni ha fretta. Anche ieri ha ribadito che il centrodestra deve superare ogni indugio entro il weekend. Ma il nodo è solo uno: Berlusconi ci proverà o meno? Solo quando avrà sciolto la riserva inizierà la vera partita. Da un obiettivo generale non si potrà prescindere: salvaguardare la prosecuzione della legislatura. Pena la perdita di controllo dei Grandi elettori, centinaia dei quali saboterebbero qualunque candidatura non porti in dote la certezza del traguardo che è fra un anno. Tra i più resistenti i 5 Stelle, prime vittime del disfacimento strutturale del grillismo. L’inevitabile epilogo dell’improvvisazione e della presunzione. Che, come ha scritto Michele Serra, alla politica non arrecano meno danni dell’immoralità.