Una forzatura costituzionale per scongiurare la deriva nazionale. La destrutturazione dei partiti, unita all’improvvisazione di un esercito di parlamentari “per caso”, che fa più danni dell’immoralità, ha sospinto il Paese per una settimana a un passo dal “cupio dissolvi”. Si sono salvati in extremis, attingendo a ciò che resta della Politica figlia della migliore “prima Repubblica”.
Tutto questo dopo aver impallinato decine di nomi, adombrato soluzioni “rosa” per puro marketing, provato spallate non sorrette da numeri e incrociato sciabole di latta. Riavvolgendo il nastro delle dichiarazioni ascoltate negli ultimi giorni, c’è da rabbrividire di fronte alle bugie pronunciate, al tatticismo becero, alla sconfortante mancanza di senso di responsabilità.
Il centrodestra, in particolare la Lega di Salvini, ne esce a pezzi. Così come quell’area del M5S che fa riferimento al due volte presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Giorgia Meloni ne esce con dignità, ma era più semplice da quella posizione. Quanto al centrosinistra, non ha eletto Draghi al Quirinale, come avrebbe voluto, ma ha trovato la forza per evitare che si producessero danni.
Per Forza Italia si apre giocoforza una nuova fase: riflettere se convivere ancora con le forze sovraniste o affrancarsi da un rassemblamento privo ormai di un collante. Il passo indietro di Berlusconi e l’affondamento di Casellati non è acqua che può scivolare su pelli ferite. Si andrà avanti per 15 mesi e sono prevedibili scossoni e rimodulazioni governative di rotta. Hanno salvato il vitalizio, ma non la faccia. Hanno votato per Mattarella con il trolley tra le mani: non vedevano l’ora di tornare a casa. Ci restino.
Caricamento commenti
Commenta la notizia