Ma che mondo è? Ve l’immaginate Napoleone, insultato a sangue dal duca di Wellington, minacciarlo – mentre ci si scanna sul campo – d’interrompere ogni rapporto (diplomatico ed economico) con l’Inghilterra? E conservate ancora, nel cuore e nella memoria, l’idea d’un passato in cui, durante un conflitto, si dava fondo a tutte le proprie risorse belliche per sconfiggere il nemico?
Guerre di atrocità all’ennesima potenza, ieri come oggi, al massimo delle possibilità tecnologiche del tempo, diverso e uguale: dalle sciabole ai droni, ma identico lo spirito, identica la violenza e la voglia di sopraffazione. Però – dalle bombe sul Giappone del ’45 – è cambiata la consapevolezza dei guasti che si possono cagionare, troppo estesi perché qualcuno possa ritenere di circoscriverli. Le armi atomiche, se utilizzate – più d’una – ad ampio raggio, dissolverebbero il pianeta. Oscurare il sole oscurerebbe noi stessi: ci cancelleremmo dalla Via Lattea e ci riconsegneremmo al buio. Confidando, se le cose andassero bene, in un nuovo circolo virtuoso che riprendesse le mosse, iconica suggestione, dai dinosauri.
Ma torniamo all’annichilimento che è inevitabile innanzi a ogni forma di relazione, quando sia inquinata dalla peggiore ipocrisia. Come può Mosca, mentre è sotto gli occhi dell’intero globo la barbarie russa in Ucraina, minacciare (l’altro ieri) l’interruzione d’ogni sobrio rapporto con Washington a causa d’un paio di espressioni “irriguardose” di Biden sul conto di Putin? Non dovrebbero, questi “fili” cruciali, già essersi spezzati per quanto sta accadendo – tra vittime innocenti, deportazioni, stupri pianificati – in territorio ucraino? È fin troppo chiaro che ciò, per sopravvivenza collettiva (lo si auspica, almeno), non può accadere.
È tutto, ormai, spettacolo: nel bene e nel male. Informazione e controinformazione, armi a Kiev dall’Occidente – lo ha ribadito (fino a ieri) Draghi – ma non supporto smodatamente esplicito, negoziati farsa utili al Cremlino per prender tempo e continuare a dispensar bombe qui e là, videocollegamenti utili a Volodymyr Zelensky («Immaginate Genova distrutta come Mariupol») per sollecitare gli Usa e i Paesi Ue a fare finalmente qualcosa di più vero. Ma non è più dato, “il vero”. Tutti sanno dall’inizio cosa è possibile e cosa non lo è e non lo sarà, ma tutti hanno l’aria di non saperlo e d’aspettarsi il meglio. Ecco che si può mostrare meraviglia, ed è concesso a ogni parlamentare, a ogni generale, a Macron e a Xi Jinping da laggiù in Cina, all’uomo di questa e di quella strada, di stupirsi. D’altra parte, con le armi nucleari nel cassetto, negato il dar fondo all’estremo, quale altra strada se non lo spettacolo della guerra? Non la guerra, appunto, ma la sua parvenza. Che tale resta anche se produce vittime vere, persone strappate alle sole cose che ciascuno di noi, sebbene non si sappia in che alterata forma, ancora possiede: la vita propria e la fortuna di incrociarne altre.
Nel mondo civile (aggettivo di questi tempi inadeguato) ci si è “accordati” su qualche non negoziabile punto. Previsto, nel caso di conflitti in terre “terze”, con le superpotenze non direttamente coinvolte, il dispiegamento di “armi convenzionali” più o meno – per quantità e qualità – letali e decisive: un risiko per accaparrarsi il controllo di questo e/o quel territorio, per misurare le forze e, pure, “evocare” cosa mai succederebbe se davvero tutte le fiches fossero messe sul tavolo. Afghanistan, Iraq, Siria, eccetera eccetera: è difficile, in questi casi, che qualcuno insista più di tanto, al di là dell’ipotesi accademica, sul reale pericolo d’una terza guerra mondiale. Più complesso, e in un certo senso “nuovo”, il problema se divampa un brutale scontro in Europa, con la Russia a scatenare l’attacco e i Paesi dell’Alleanza Atlantica a fare blocco dall’altra parte. Esclusa... una guerra mondiale, non si può che procedere seguendo un copione (come a teatro), un copione del possibile. Allora ecco una trattativa che non è una trattativa, sanzioni moderate (purché sembrino estreme) alla Russia per danneggiare il meno possibile l’ordine economico mondiale, l’occhio ai consensi (pochi) di cui gode Biden spaventato dalle elezioni di medio termine a novembre negli Usa, e a quelli (numerosi) che – in patria – nutrono l’ego bulimico di Putin. Prove d’unità politica, infine, nel Vecchio Continente.
Perfino l’orrore è mediato. La realtà dei corpi martoriati, le lacrime e l’incredulità senza più parole, le anime dilaniate, le giovani vite immolate senza neppure uno straccio d’altare a “giustificarne le ragioni”, tutto ciò – in diversa misura – suona finto a gran parte dell’Occidente. Siamo partecipi ma distanti, allarmati ma identici a come eravamo. Non vogliamo che una pandemia ci cambi, non lo consentiremo a una guerra, nemmeno se a due passi da casa. Lo spettacolo deve assolutamente continuare.
Attenzione, però: da qualche parte, prima o poi, tutto ciò potrebbe suonare vero, e rischieremmo un brutto risveglio.
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