I numeri ci sarebbero ancora, ma la rosa ha troppe spine. La partita si è complicata. Mario Draghi preferirebbe chiuderla qui, ma Mattarella lo invia alle Camere per parlamentarizzare una crisi che formalmente ancora non c’è. Lo strappo 5Stelle scuote tutti i partiti tranne uno, FdI, che da tempo ormai chiede di andare alle urne. Salvini è stretto tra l’incudine dei governisti e il martello dei “malpancisti” più vicini alle posizioni di Giorgia Meloni. Ma lo stesso Giorgetti, che ha trascinato Salvini nell’esecutivo Draghi, ammette senza infingimenti che il quadro adesso è molto complesso.
Forza Italia lascia invece intravvedere la disponibilità a sostenere un “Draghi bis”, a condizione che non ci sia più spazio per i 5Stelle, che schizofrenicamente potrebbero concedere mercoledì la fiducia al premier che loro hanno azzoppato non votando il dl Aiuti al Senato.
Dem, Leu, Azione e Renzi chiedono a Draghi, chi più chi meno apertamente, di andare avanti, così come la neonata Ipf di Di Maio che porta in dote più di 70 parlamentari, ma altri starebbero per arrivare dalle file smembrate pentastellate. Dunque i numeri ci sarebbero. E non mancano le spinte “esterne” a sostegno del presidente del Consiglio: Ue, Casa Bianca, le inquietudini generate dalla congiuntura economica, l’esigenza di tenere a bada lo spread e di far fronte agli impegni internazionali che prevedono riforme da varare nella cornice del Pnrr, il sostegno all’Ucraina e, sul piano interno, la gestione della nuova ondata pandemica.
L’aspetto più paradossale di questa semi-crisi innescata da Conte e che mira solo a difendere il tesoretto di consensi rimasti, un 10% fatalmente destinato ad assottigliarsi ancora, è rappresentato dal fermo ancoraggio alle poltrone governative di tre ministri – D’Incà, Patuanelli e Dadone – e una pattuglia di viceministri e sottosegretari. O Conte ha sottovalutato gli effetti del non voto sul dl Aiuti, o immagina – e in questo paleserebbe clamoroso dilettantismo politico – di poter rientrare nell’esecutivo dopo aver urlato un po’. Un azzardo “commestibile”?
Al centro e nel centrodestra affermano compatti: porte chiuse ai 5Stelle nell’eventuale “Draghi bis”, sempreché il premier accetti di guidare ancora una barca che presenta sempre più falle, i Dem tentano di tenere insieme i fili del nascente campo largo. Ma è improbabile che in questa legislatura ci sia un premier dopo Draghi.
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