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La crisi di Governo: populismi, egoismi, Ruby ter e... “pensioni”

Blindati i vitalizi, che poi è la reale motivazione che ha spinto un esercito di parlamentari a rieleggere Mattarella al Quirinale a fine gennaio, impallinando qualunque altra opzione e lasciando il “funzionale” Draghi a Palazzo Chigi, hanno operato lo strappo. Scientemente, al di là delle foglie di fico piazzate qua e là, cogliendo l’assist dei 5Stelle.
Obnubilati dall’egosimo, che in Forza Italia e nella Lega ha diverse declinazioni, e ammorbati da un bieco populismo - Lega e 5Stelle -, hanno finito per staccare la spina a un governo maltollerato, poco incline a riconoscere mance ai partiti, vocato in compenso a tagliare traguardi dettati dal Piano di rilancio e a fronteggiare emergenze economiche, sociali, sanitarie, internazionali. Un governo sacrificato, appunto, sull’altare di obiettivi di parte, quando non personali.
Forza Italia e Lega, destinate a federarsi per arginare Giorgia Meloni, sognano magnifiche sorti elettorali, sull’onda di presunzioni sondaggistiche tutte da verificare a settembre. Berlusconi ha un problema in più: a maggio ha ricevuto una richiesta di condanna a 6 anni per corruzione in atti giudiziari nel cosiddetto processo “Ruby ter”: meglio accelerare verso le urne - deve aver pensato il cavaliere - e conquistare una maggioranza politica nella speranza di congelare uno sbocco giudiziario nefasto. Quanto a Salvini, non vedeva l’ora di poter ricominciare a parlare di frontiere assaltate e da chiudere, tuonare alla pancia degli italiani, inseguire su un terreno destrorso FdI.
A innescare il pastrocchio era stato Conte, leader spesso minato di un partito in caduta libera nei consensi, incapace di presentare liste alle ultime Amministrative in centinaia di comuni. Uno strappo insensato, che non gli consentirà di difendere quei temi che tanto gli stanno a cuore, dalla gestione del Superbonus al reddito di cittadinanza che nell’attuale assetto è destinato, prima o poi, a scomparire, fino al termovalorizzatore di Roma, una battaglia di retroguardia.
Il combinato disposto degli egoismi e dei populismi ha provocato il cortocircuito, violentando un Paese che non ha bisogno di super eroi, come spesso è stato giudicato Draghi, ma neppure di pericolosi capi politici.

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