La crisi internazionale, per i partiti sarebbe utile un corso al Quirinale
Forse avremmo dovuto dare più credito al Papa quando tre anni fa avvertì che la terza guerra mondiale era di fatto già scoppiata. Oggi che la guerra si è inasprita, che la Russia ha già occupato un quinto del territorio ucraino e che il disimpegno americano sul campo non promette nulla di buono servirebbe un sussulto di serietà da parte di tutti. Soprattutto nel nostro Paese. A Roma invece si continuano a parlare diverse lingue ed è la prima volta che avviene su un tema delicato qual è la politica estera. C'è stato un tempo in cui i partiti, pur combattendosi anche aspramente sui problemi interni, su alcuni temi fondamentali si trovavano d’accordo o almeno non divergevano più di tanto: la collocazione internazionale (Europa, Occidente, Nato), le alleanze (Usa), il multilateralismo come “arma” per conservare la pace. In queste ore la confusione regna invece sovrana. Nell’ultima settimana ho contato 5 posizioni diverse. Se la Meloni ha approvato la proposta di riarmo europeo però con riserve e condizioni, Tajani l’ha sposata “senza se e senza ma” mentre Salvini, l’ha seccamente respinta, anche lui “senza se e senza ma”. Non va meglio sul fronte dell’opposizione. Conte sembra essere tornato ai vecchi amori e come il segretario della Lega si dice contrarissimo alla proposta della von der Leyen e non sembra avere del tutto fiducia nell’Unione Europea; alla segretaria del Pd non piace per nulla la parola “riarmo” e le preferisce “difesa comune”. Così siamo già a cinque posizioni divergenti espresse dalle cinque forze politiche più rappresentative; se aggiungiamo i “sotto distinguo” di Renzi, di Calenda e del duo Bonelli-Fratoianni raggiungiamo il traguardo di 8. Certo, preoccupano di più le fratture all’interno della maggioranza di governo che rischiano di rendere residuale il ruolo dell’Italia sullo scacchiere internazionale, ma anche l’incapacità dell’opposizione ad elaborare una linea comune pur di inseguire frange del proprio elettorato non è un bel vedere. Per un Paese che vuole essere rispettato e vuole contare oltre i propri confini l’unità in politica estera è l’unica precondizione seria. Ancora una volta per fortuna è arrivato in soccorso Mattarella che da Hiroshima, luogo simbolo di una tragedia immane, ha chiesto a tutti di non continuare a giocare col fuoco ricordando «che le minacce atomiche si stanno moltiplicando con una sconsideratezza inquietante». È vero che il Presidente si rivolgeva soprattutto ai protagonisti internazionali ma anche i nostri farebbero bene nel dibattito pubblico a non scherzare col fuoco. Un suggerimento: se persino quello svalvolato di Elon Musk per la prima volta ha detto «sarebbe per me un onore poter parlare con Mattarella», leader e leaderini di casa nostra potrebbero iscriversi a un corso di formazione al Quirinale sulla politica internazionale. Con obbligo di frequenza ed esami finali.