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Il mitico “Litterio”. Ma non solo

Accanto all’irresistibile personaggio comico un attore-autore a tutto tondo

Il mitico “Litterio”. Ma non solo

Dalle otto alle undici, di sera. In quello spazio-tempo di prove e prove, mentre «l'esigenza di “campare” la famiglia era la priorità e la possibilità di guadagnare recitando una chimera lontana mille miglia». Lì e così si è formato il geometra Enrico Guarneri, in una compagnia teatrale di amici di paese, tra pregiudizio e scetticismo. Lì, tra levatacce e giri della Sicilia, il capocantiere si è fatto caposcuola. Così montava quel personaggio che, ventuno anni dopo (e ormai ventuno anni fa), sarebbe diventato un alter ego talmente caratterizzante dell’immaginario comune «che la gente mi incontra per strada e mi chiama signor Litterio». Lui è catanese ma il nome richiama la Madonna della Lettera protettrice di Messina, nasce nel ’97 ma esplode l’anno dopo a “Insieme”, insieme a Salvo La Rosa. E poi come tutti si è fatto una vita: ha preso moglie, figlia, genero, “u prufissuri”, l'omosessuale del paese, il barista cornuto, la macchina e il rottame che era… sfruttando la televisione come un asso pigliatutto e consapevole che, per sua stessa natura, come agevola il successo poi in qualche modo ne ostacola il cambiamento. Lo sa bene ora che quella svolta emotiva latente si è fatta inarrestabile tanto da tradurre il Guarneri formato televisivo («che non ripudio») in un registro teatrale così denso e intenso che in sette anni ha fatto girare l’Italia tra gli altri a “Mastro Don Gesualdo”, “I Malavoglia”, “Pensaci Giacomino”, “Il Consiglio d'Egitto”, “La Governante” (con Ornella Muti).

Il problema non era tanto che questa comicità rendesse più difficile essere credibile in altri ruoli, quanto «deludere chi veniva a teatro con l'intento di divertirsi come in tv. Ma ho sempre saputo che il pubblico non vuole sempre e per forza ridere, il pubblico vuole sempre e per forza emozionarsi. Purché mai, appena si chiude il sipario, qualcuno si chieda... “Ma perché l'hanno fatto questo spettacolo?”».

Ma la risata fa più “scruscio”…

«Visti i tempi che corrono è quella che il pubblico gradisce di più! Ma vuoi mettere il piacere di parlare le parole di Pirandello, Verga, Brancati con le pur geniali stupidaggini che portano alla risata? Ecco. Diciamo che il mio è un cocktail: in ogni stagione faccio una rappresentazione seria e una comica, quello che prima si chiamava teatro leggero e teatro impegnato, anche se “leggero” non mi piace perché i meccanismi della serata sono ben più complicati».

Questa ironia tragica la conserva in equilibrio tra le sue due anime...

«Per forza! Per 35 anni ne hanno conosciuta solo una e poi si è svelata prepotentemente anche l'altra. Quella drammatica. Dell'emozionalità dei pensieri e delle parole alte che nella comicità di solito non ci sono. Salvo eccezioni tipo Eduardo (De Filippo) che è un autore che consente di far ridere e piangere dentro lo stesso lavoro».

Litterio ha avuto una faccia di riferimento?

«Quella di un amico che parlava così! Poi i volti di esperienze giovanili e l’espressione del mio produttore dell'epoca che si disperava per cercare il modo di garantirmi un compenso. Io già avevo due figli e il mondo dell'arte è così incerto... mi disse che se magari avessi avuto uno spettacolo tutto mio, in cui recitare da solo, in modo da pagare solo me, sarebbe riuscito a garantirmi lo stesso tenore del lavoro in azienda. Così mi sedetti e cominciai a scrivere un copione in cui la parte del leone la faceva questo tale (Litterio)...».

Quarant’anni fa si era confezionato un’altra vita.

«Da studente non pensavo minimamente che un giorno avrei potuto occuparmi di recitazione. Dovevo ancora fare il militare, mi sposai appena tornato ma, pur lavorando, alle prove ci andavo ogni sera: una vitaccia durata lunghissimi anni. Finché mi misi in aspettativa per sei mesi e dopo aver fatto una riunione di famiglia per chiedere conforto, perché non avrei avuto il coraggio di iniziative solitarie, mi licenziai. Forse fu un modo per condividere la responsabilità di quello che stavo per fare. Loro mi incentivarono a provare e... meglio pentimenti che rimpianti!».

Ora che copione ha tra le mani?

«Un copione nuovo, letteralmente! L'ho fatto scrivere appositamente dal prof. Garufi, di Militello, uno che usa ancora la penna. È il soliloquio di un pentito di mafia, in cui immagino che l'interlocutore sia il pubblico: anche se non dà esplicitamente risposte è a quegli sguardi che mi rivolgo per sviscerare tutto quello che può pensare un uomo in quella posizione. Cosa lo ha indotto al pentimento, cosa rappresentava nel suo immaginario entrare nell'organizzazione, quale “fitinzìa” ha poi scoperto che fosse. Un monologo dal valore socioculturale, come teatro vuole: bisogna chiedersele certe cose e a volte serve anche suggerirle».

Allora suggeriamo che il 15 settembre a Taormina, al GDShow che l’ha voluta ospite (con Il Volo, Nino Frassica, Red Canzian, Dolcenera, Mario Venuti, Nesli, I Soldi Spicci e Pippo Baudo), ritroverà Salvo La Rosa a condurre. La sua storica spalla.

«Ricostituiremo una coppia televisiva di grandissimo successo, direi mitica… come un mostro a due teste! Stiamo pensando a un inedito, qualcosa di nuovo su un palcoscenico Antico, per restituire anche agli spettatori del Teatro una parte di quello che io e Salvo abbiamo ricevuto dalla televisione e la televisione da noi. E poi, anzi, prima di tutto ci sarà la solidarietà…». #cututtuucori.

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I biglietti

Sono ancora dispongibili i biglietti per la serata del GDS Show (15 settembre, ore 21.30, al Teatro Antico di Taormina) in vendita su Box Office Sicilia, Circuito Box Office Sicilia e Ticket One e online su www.ctbox.it, www.circuitoboxofficesicilia.it e www.ticketone.it. Tre sono gli ordini di posti: tribuna numerata (30 euro); cavea numerata (20 euro) e cavea non numerata (10 euro). L’intero ammontare dell’incasso della serata sarà devoluto in beneficenza.

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