"Guilty": Paul Manafort, l'ex capo della campagna elettorale di Donald Trump, si è dichiarato colpevole in tribunale dopo aver raggiunto un accordo di collaborazione con il procuratore speciale del Russiagate Robert Mueller per evitare un secondo processo fissato per la prossima settimana. Una decisione che fa tremare il tycoon, anche se la Casa Bianca si e' affrettata a precisare che l'accordo "non ha nulla a che fare con il presidente o con la sua vittoriosa campagna presidenziale del 2016". L'accusa ha lasciato cadere cinque capi di imputazione e Manafort si è assunto la responsabilità degli unici due rimasti: cospirazione contro gli Stati Uniti e cospirazione per manipolare i testimoni.
Rischia sino a cinque anni ma molto dipenderà dalla sua cooperazione con Mueller. Manafort era già stato dichiarato colpevole di 8 capi di imputazione in un primo processo e questo potrebbe tradursi in un'altra condanna sino a 10 anni. La giuria non aveva trovato l'accordo su altri 10 capi di imputazione, che ora saranno archiviati nell'ambito dell'accordo. "Voleva assicurarsi che la sua famiglia fosse in grado di restare al sicuro e vivesse una vita buona. Ha accettato la sua responsabilità", ha spiegato Kevin Downing, l'avvocato difensore. Nessuno dei reati contestati nel primo e nel secondo processo sono legati alla campagna elettorale di Trump: si tratta di crimini finanziari e fiscali legati all'attività illegale di lobbying da parte di Manafort per conto di politici e oligarchi ucraini filorussi.
Ma è chiaro che ora potrebbe diventare un testimone chiave nell'inchiesta di Mueller sulle interferenze russe nelle presidenziali Usa e sulla possibile collusione della campagna del tycoon con il Cremlino. Manafort tra l'altro partecipò all'incontro alla Trump Tower con emissari russi che avevano offerto materiale compromettente su Hillary Clinton, rivale di Trump nella corsa alla Casa Bianca. Una nuova e pericolosa mina vagante per il presidente, che dopo il primo processo a Manafort lo aveva elogiato come "un uomo coraggioso" per essersi "rifiutato di 'rompere', inventarsi storie per ottenere un 'accordo'" con gli inquirenti, contrapponendolo al suo ex avvocato personale Michael Cohen, che aveva deciso di patteggiare.
Ora si deve guardare le spalle da due dei suoi più stretti ex collaboratori. Non solo. La mossa di Manafort, cui Trump aveva fatto intravedere la possibilità di una grazia, significa che le indagini del Russiagate continueranno ben oltre le elezioni di Midterm a novembre, contrariamente a quanto chiedevano i suoi avvocati. Nel frattempo i dem stanno affilando le armi, anche in vista delle presidenziali 2020. Andrew Cuomo ha sconfitto agevolmente nelle primarie Cynthia Nixon, l'attrice ex star di 'Sex and the City', per un terzo mandato come governatore di New York, rafforzando così le sue ambizioni presidenziali. Ma anche Michael Bloomberg, 76 anni, tre volte sindaco di New York e a capo di un impero dei media, avrebbe confidato ai suoi che sta pensando di scendere in campo nelle file dei democratici per sfidare nel 2020 Trump, di cui è un fiero avversario.
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia