Morire di fame e di sete a sette anni, dopo aver percorso migliaia di chilometri a piedi, dal Guatemala agli Usa, col proprio genitore, in cerca di fortuna, di una nuova vita. Il sogno americano si è infranto quando padre e figlia sono stati arrestati in New Mexico dagli agenti federali che vigilano sulla frontiera, mentre vagavano nel deserto insieme ad altri 163 migranti. Poche ore dopo la bimba, nonostante i soccorsi, non ce l’ha fatta, sfinita, senza
più forze.
L’America, almeno una parte di America, si commuove. Ma sale anche la rabbia di quella parte di opinione pubblica e di quelle associazioni per la difesa dei diritti civili che definiscono le politiche migratorie dell’amministrazione Trump «disumane e crudeli». Un’accusa che la Casa Bianca respinge con forza: «Non bisogna scaricare la colpa sull'amministrazione - afferma un portavoce - anzi è un invito al Congresso a disincentivare i migranti.
L’amministrazione si deve prendere la responsabilità di un genitore che porta a piedi un bambino attraverso il Messico per arrivare negli Usa? No». Di certo la vicenda mette in luce tutto il dramma delle carovane, delle tante famiglie che negli ultimi mesi si sono messe in marcia per fuggire dalle violenze e dalla povertà estrema di alcuni Paesi del Centro America, come Guatemala ed El Salvador.
Non solo trafficanti, spacciatori, assassini, come spesso il presidente americano ama dire, soprattutto in campagna elettorale, per motivare la richiesta di quel muro divenuto simbolo della battaglia del tycoon contro l’immigrazione illegale. La povera bimba con suo padre era entrata illegalmente, in una zona dove i controlli sono più difficili per l’asperità dell’ambiente, il deserto.
Perché mentre tutti i riflettori dei media sono puntati sul confine californiano, tra Tijuana e San Diego, in tanti continuano a passare la frontiera in Texas, in New Mexico, anche in Arizona, vagando per giorni e trovando riparo dal sole cocente del giorno e dal freddo pungente della notte in casette fatiscenti, poco più di baracche che saltuariamente fungono da nascondigli per i trafficanti di droga. Così gli agenti federali hanno trovato il gruppo di cui faceva parte la bambina.
Otto ore dopo il fermo la prima crisi, dovuta per lo più a stanchezza e disidratazione, come per molte delle persone che erano con lei. «Non mangiava e non beveva da giorni», raccontano alcuni testimoni. Trasportata in elicottero all’ospedale di El Paso, la morte è avvenuta 24 ore dopo per arresto cardiaco. Nulla da fare.
Nel mese di novembre gli agenti federali dell’amministrazione Trump che pattugliano il confine sudoccidentale hanno fermato un numero record di 25.172 persone entrate irregolarmente negli Usa con le loro famiglie. I migranti fermati che viaggiano come parte di un gruppo familiare sono il 58% del totale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia