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Agenti italiani in Brasile per prelevare Cesare Battisti, ma di lui ancora nessuna traccia

Cesare Battisti

Tutto è pronto per l’estradizione di Cesare Battisti dal Brasile. Il presidente Temer ha accolto formalmente la richiesta della giustizia italiana e agenti della polizia italiana si trovano già a San Paolo per prendere in consegna l’ex terrorista dei Pac e riportarlo in Italia: ma di lui non si hanno più tracce. Si è dato alla macchia ancora prima che il giudice chiedesse il suo arresto per pericolo di fuga e resta irreperibile, ancora una volta in fuga. E sono in molti a pensare che potrebbe già aver lasciato il Brasile.

La polizia federale, dopo aver cercato Battisti a Caianeia - la località sulla costa di San Paolo dove si è trasferito da tempo - e in altri posti, senza alcun successo, lo considera ormai un latitante. Le forze di sicurezza hanno comunque ricevuto istruzioni di consegnare l’ex terrorista agli agenti italiani, arrivati nelle ultime 24 ore in Brasile. La stampa brasiliana pubblica intanto con grande rilievo la lettera di ringraziamento inviata dal presidente Sergio Mattarella a Michel Temer, dopo che ha firmato il decreto di estradizione, pubblicato durante la notte scorso in una edizione speciale della Gazzetta Ufficiale.

Il presidente brasiliano ha reagito in modo immediato all’ordinanza giudiziaria emessa da Luiz Fux, magistrato del Supremo Tribunale Federale (Stf), nella quale si ordinava l'arresto dell’ex terrorista e si attribuiva al capo dell’esecutivo la facoltà di decidere autonomamente sulla richiesta di estradizione presentata dall’Italia. Gli avvocati di Battisti, che hanno presentato un ricorso al Stf contro l’ordinanza di Fux, ammettono che non hanno alcun contatto con lui da giorni.

Molti pensano che sia già fuggito all’estero, ricordando che è già stato arrestato nell’ottobre dell’anno scorso a Corumbà, nello stato di Mato Grosso del Sud, mentre, tentava di attraversare il confine boliviano con 6 mila dollari e 1.300 euro non dichiarati. Gli amici di Battisti in Brasile mantengono il silenzio. Magno de Carvalho, il dirigente sindacale che gli ha prestato la sua prima casa a Cananeia, si è limitato a raccontare alla stampa che l’ultima volta che l’ha sentito è stata la settimana scorsa, quando gli «ha detto che doveva andare a Rio, per parlare con l’editore del libro che sta scrivendo».

Tutta pro-Battisti la reazione di Carlos Lungarzo, lo storiografo che ha scritto anche un libro a sua difesa: ha pubblicato un lungo articolo online in cui accusa il giudice Fux di essere lo strumento di «un patto fra potenti corporazioni militari e della polizia, per torturare Battisti a Regina Coeli, o forse in un carcere siciliano». In un tono ben più moderato, Tarso Genro, ex ministro della Giustizia del governo di Lula da Silva che diede asilo a Battisti, ha commentato che il via libera all’estradizione dell’ex terrorista è conseguenza di «un accordo raggiunto fra due governi di estrema destra».

Genro ha sottolineato che «se dovessi valutare questa questione in termini giuridici, starei dando un altro valore a una decisione che è politica». L’ex ministro di Lula ha difeso la protezione concessa dal suo governo a Battisti, definendola «giuridica e non politica», in una serie di messaggi su Twitter nei quali ha comparato il caso dell’ex Pac con quello di Achille Lollo, l’attivista di estrema sinistra condannato per il rogo di Primavalle, rifugiatosi anche lui in Brasile.

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