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Venti di guerra tra Usa e Iran, ma allo studio ci sarebbero dei negoziati

Anche Alitalia, dopo British Airways, Air France e Klm, ha messo fine questa settimana ai collegamenti con Teheran. E mentre una dopo l'altra le grandi società europee abbandonano il mercato iraniano, sembra crescere il rischio di un confronto militare nel Golfo tra forze iraniane e americane. Ma i 'falchi', sia a Washington sia a Teheran, potrebbero essere intenti a fare la voce grossa in vista di possibili negoziati. È quanto afferma Davud Hermidas Bavand, ex diplomatico iraniano e analista politico, schierato con il presidente pragmatico Hassan Rohani. Il presidente Usa Donald Trump, che nel maggio scorso è uscito dall'accordo sul nucleare con l'Iran, ha inviato recentemente in Medio Oriente la portaerei Uss John C. Stennis, accompagnata da una squadra navale.

Mentre i Pasdaran iraniani hanno effettuato un nuovo test missilistico. E il pericolo rappresentato dal programma balistico iraniano è stato ribadito nei giorni scorsi in una riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu dal segretario di Stato americano Mike Pompeo, secondo il quale i vettori iraniani sono già in grado di raggiungere città europee come Atene, Sofia e Bucarest. Proprio la necessità di mettere un freno alle attività missilistiche iraniane è stata citata da Trump tra le motivazioni che lo hanno indotto a ritirarsi dall'accordo sul nucleare del 2015 per rinegoziarne una nuova versione. Ma i Paesi europei, tra cui l'Italia, ritengono che l'intesa funzioni, anche se, in una dichiarazione diffusa questa settimana, hanno parlato anch'essi di "attività regionali destabilizzanti" da parte dell'Iran.

Secondo Bavand, tuttavia, quello a cui punta Trump è dare "un'immagine esagerata dell'Iran" come minaccia agli occhi degli altri Paesi della regione, per costringerlo a sedersi al tavolo delle trattative e potere affermare che "è stata l'America a salvare il mondo da un grave pericolo, traendone vantaggi politici". Anche in Iran, afferma l'analista, le frasi di chi minaccia uno scontro militare con Washington sono solo "slogan" che rientrano nei tatticismi richiesti dalla situazione. Alcune figure radicali e comandanti militari, secondo Bavand, vogliono far vedere a Trump che se continuerà nelle pressioni sulla Repubblica islamica, i fondamentalisti prenderanno tutto il potere, spazzando via i riformisti e i moderati come Rohani.

In questo scenario rientrerebbe anche una recente minaccia del campo conservatore di avviare una procedura di impeachment per il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif, figura simbolo della storica apertura di trattative con gli Stati Uniti che nel 2015 portò all'accordo sul nucleare. Ma Bavand giudica probabile che alla fine la Guida suprema, Ali Khamenei, cederà alle richieste degli elementi più moderati e deciderà di ritrattare la sua decisione di vietare ulteriori negoziati con Washington, nonostante l'attuale opposizione delle fazioni radicali. "Se i fondamentalisti si renderanno conto pienamente dell'attuale situazione preoccupante - afferma l'analista - accetteranno di creare un equilibrio tra la loro ideologia e gli interessi nazionali".

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