Scaduto l’ultimatum a Nicolas Maduro, gran parte dell’Europa - come promesso - ha riconosciuto Juan Guaidò presidente ad interim del Venezuela, incaricato di indire nuove elezioni, libere e democratiche, nel Paese. Sono finora 19 i Paesi europei che - trascinati da Francia, Gran Bretagna, Spagna e Germania - legittimano le rivendicazioni del presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana. L’Italia non c'è: anzi, il governo italiano ha bloccato - per la seconda volta in pochi giorni - il tentativo europeo di arrivare a una dichiarazione comune dei 28. A nulla è valso l’appello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che in mattinata aveva chiesto che l’Italia assumesse, con «senso di responsabilità e chiarezza», una «linea condivisa con tutti gli alleati e i partner europei». «Non ci può essere incertezza né esitazione nella scelta tra la volontà popolare e la richiesta di autentica democrazia da un lato, e dall’altro la violenza della forza», ha scandito il capo dello Stato. Il governo però resta ancora diviso con la Lega che ha già condannato Maduro e i Cinquestelle che insistono sul «coraggio di restare neutrali». Sul Venezuela «non stiamo facendo una bella figura. Finito il mandato di Maduro, dittatore rosso, entra in carica il presidente della Camera, Guaidò», ha tagliato corto il vicepremier Matteo Salvini, che oggi ha incontrato la comunità venezuelana in Italia, ricordando i 160 mila connazionali nel Paese sudamericano «che sono alla fame». Mentre per Alessandro Di Battista, l’Europa «dovrebbe smetterla una volta per tutte di obbedire agli ordini degli Stati Uniti». Parole che riecheggiano quelle dello stesso Maduro, che ha invitato l’Italia e l’Europa a «non farsi trascinare dalle pazzie di Donald Trump, dalle politiche estremiste e interventiste che cercano un colpo di Stato in Venezuela». Il governo di Caracas ha reagito annunciando intanto di voler "riesaminare le relazioni bilaterali» con tutti i Paesi Ue che si sono dichiarati in favore di Guaidò fino a quando «non saranno esclusi progetti golpisti». Dal canto suo Guaidò, che su Twitter ha via via ringraziato ogni singolo Paese europeo che lo sostiene, si è invece detto "sicuro» che l’Italia potrà fare lo stesso. «Sono in contatto con i responsabili politici dell’esecutivo italiano», ha rivelato alla stampa, dicendosi consapevole delle divisioni all’interno della maggioranza ma di confidare nel «Paese fratello». Maduro ha quindi preso carta e penna per chiedere aiuto a papa Francesco in favore del dialogo, evocando la conferenza convocata dai «neutrali» Messico e Uruguay il 7 febbraio a Montevideo. Una lettera che intende «rilanciare il dialogo», ha confermato il segretario di Stato vaticano card. Pietro Parolin senza fare ulteriori commenti. La mossa dell’Europa non è piaciuta nemmeno alla Russia che considera «i tentativi di alcuni Paesi di legittimare il cambio di potere in Venezuela come un’interferenza negli affari interni». Mosca ha messo in guardia anche il presidente Usa Donald Trump che non ha escluso l’uso della forza nel Paese venezuelano: una dichiarazione che «mina tutti i principi di base del diritto internazionale», ha tuonato il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, rilanciando a sua volta la conferenza in Uruguay. All’appuntamento di Montevideo parteciperà anche il Gruppo di Contatto dell’Ue di cui fa parte l’Italia. Sarà presente il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, al quale intanto l'opposizione, da Forza Italia al Pd, chiede di riferire subito in Parlamento per chiarire la posizione del governo e porre fine ad «un atteggiamento ambiguo».