Giovedì 19 Dicembre 2024

Pedofilia, il cardinale Pell giudicato colpevole ricorre in appello: "Processo irregolare"

Il cardinale George Pell

Il cardinale australiano George Pell, giudicato colpevole di pedofilia e in attesa della sentenza, ha presentato ricorso in appello per presunte «gravi irregolarità» processuali. E’ stato il tribunale dello stato di Victoria a dichiarare in primo grado Pell, 77 anni, ex prefetto vaticano per l’Economia (fino a cinque giorni fa, essendogli scaduto il mandato quinquennale che papa Francesco non ha rinnovato), nonché ex diretto consigliere del Pontefice come membro del 'C9' (fino al 12 dicembre scorso), colpevole di aver abusato sessualmente di due coristi e chierichetti tredicenni nel 1996 e 1997, quand’era arcivescovo di Melbourne. Ma secondo i legali del porporato già tra i più potenti del pontificato di Bergoglio, che hanno annunciato di aver depositato il ricorso lo scorso 21 febbraio, una prima irregolarità procedurale non gli avrebbe consentito di dichiararsi «non colpevole» di fronte alla giuria e quindi di dimostrare la sua innocenza. Inoltre, argomenta il team di avvocati, il verdetto unanime di colpevolezza della giuria della County Court di Melbourne si basava, in modo «irragionevole», su una singola testimonianza. Cioè su quella dell’unica delle due presunte vittime dei suoi abusi sessuali, in quanto l’altra è morta di overdose di stupefacenti nel 2014 (il padre ha peraltro preannunciato una richiesta di danni nei confronti di Pell). La giuria avrebbe poi ascoltato altri 20 altri testimoni dell’accusa, senza sottoporli al confronto processuale. Insomma, le procedure adottate durante il dibattimento, per i legali dell’ex arcivescovo di Melbourne e poi di Sydney, non avrebbero consentito alla giuria, che peraltro ha espresso un giudizio unanime, di essere «soddisfatta delle prove oltre ogni ragionevole dubbio». La sentenza - nella quale Pell rischia 50 anni di carcere, 10 per ciascuno dei cinque episodi di abuso ascrittigli - è attesa per il 13 marzo, dopo di che scatterà la procedura d’appello. Pell l’attende dal carcere, dov'è rinchiuso da due giorni, essendo stata revocata la libertà su cauzione. Intanto il caso Pell continua a far discutere, con un’opinione pubblica australiana - da tempo scandalizzata per i decenni di abusi sessuali emersi tra le file del clero cattolico - che in gran parte, con la condanna del presule più alto in grado, sottolinea la visione di una Chiesa «non più intoccabile», ma che vede anche chi esprime dubbi sull'andamento del processo e descrive Pell come «un capro espiatorio». Per ora, in attesa dell’accertamento definitivo dei fatti, il Papa ha proibito a Pell l’esercizio pubblico del ministero e il contatto in qualsiasi modo e forma con minori di età. La Santa Sede, tramite la Congregazione per la Dottrina della fede, ha aperto però anche l’iter del processo canonico che, nel caso se ne riscontrassero gli elementi, potrebbe portare alla dimissione dallo stato clericale, come di recente accaduto per l’ex cardinale di Washington Theodore McCarrick. La vicenda è stata definita «scioccante e dolorosa» dal card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, che, a margine di un convegno alla Gregoriana, ha aggiunto tra l’altro che il caso Pell «è uno stimolo in più per continuare nella linea del Papa: lottare contro questo fenomeno e prestare attenzione alle vittime». Sull'incontro sulla protezione dei minori svoltosi in Vaticano, Parolin - riporta l’Osservatore Romano - ha riferito che «è stato toccante sentire le vittime. Un racconto che non ha lasciato nessuno indifferente». E ora, grazie proprio al summit voluto dal Papa, ha concluso, ci sono stati «una presa di coscienza di tutta la Chiesa» e «un richiamo per la trasparenza e per una testimonianza evangelica sempre più chiara».

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