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Russiagate, l'euforia di Trump: democratici sotto shock

Donald Trump

La vera corsa per le presidenziali del 2020 in America parte adesso. Le conclusioni del rapporto del procuratore speciale Robert Mueller sono piombate come un terremoto sulla scena politica Usa. Ma a tremare non è più il presidente Donald Trump, bensì i suoi avversari politici, quelli che sul Russiagate avevano fatto la loro scommessa più grande in vista della riconquista della Casa Bianca, e che ora invece devono fare i conti con una realtà ben
diversa da quella che avevano sognato.

I democratici sono sotto shock. Un incubo, quasi come quando nella notte dell’8 novembre 2016 arrivò la mazzata della sconfitta di Hillary Clinton. Il tycoon l’ha spuntata anche questa volta, vincendo per il momento forse la partita più dura e spianando la strada verso la campagna elettorale per la sua rielezione.

L’euforia di Trump in queste ore è incontenibile, e chi gli sta vicino parla del giorno più bello della sua presidenza, e a fatica tenta di convincerlo a non strafare, a restare cauto. «Siamo felici che le indagini siano finite», la prima reazione del tycoon davanti alle telecamere. E dopo mesi di durissimi attacchi in cui ha più volte accusato Robert Mueller di caccia alle streghe, riserva parole di lode anche per il procuratore: «Nelle indagini ha agito onorevolmente».

Del resto Trump ha fretta di voltare pagina. Le conclusioni del rapporto spazzano via, almeno per il momento, lo spettro dell’impeachment e del coinvolgimento nelle indagini di suoi familiari. La sua posizione si rafforza enormemente. Ora a decidere il suo destino, salvo nuove clamorose sorprese, saranno le urne e nient'altro. E ad uscire rafforzata non è solo la credibilità del presidente di fronte all’opinione pubblica americana, ma anche la sua credibilità nei confronti della comunità internazionale. Finalmente potrà guardare in faccia i leader mondiali senza più dover sopportare il peso dei sospetti delle vicende di casa.

E uno dei prossimi obiettivi di Trump potrebbe essere quello di imprimere finalmente una svolta nei rapporti con la Russia di Vladimir Putin. Rapporti finora rimasti in stand-by a causa delle indagini sul Russiagate, a dispetto dell’indiscussa attrazione reciproca tra i due leader.

Nei prossimi giorni, dunque, si capirà come Trump vorrà muoversi alla luce di quanto accaduto. La principale tentazione - si racconta - sarebbe quella di vendicarsi di due anni di amarezze, avviando magari una contro-indagine su come si è arrivati al Russiagate. Ma la sua arma più tagliente sarà certamente quella di sbandierare quelle che per lui sono le tante bugie con cui i democratici hanno tentato di incastrarlo, smentiti ora dalle conclusioni del dossier Mueller.

E se la Casa Bianca esulta come mai era riuscita a fare negli ultimi due anni, i democratici vivono un momento di grande difficoltà. Tutta la strategia dei vertici dem viene rimessa in discussione, e la linea dura portata avanti fin qui, aprendo una serie di indagini anche in Congresso, rischia di diventare un vero e proprio boomerang. Per questo si parla già di un possibile 'piano B'. Perché la sensazione è che ormai per gli elettori il rapporto Mueller metta davvero la parola fine a tutta questa vicenda. Il partito è ad un bivio. E se la tentazione è quella di non arrendersi e di continuare l'offensiva, sperando anche nelle inchieste aperte dalla procura e dallo Stato di New York, i principali candidati alla Casa Bianca temono che una simile deriva li danneggi. Meglio cominciare a concentrasi sui temi veri della campagna elettorale, quelli che hanno regalato ai dem un buon risultato nelle elezioni di metà mandato.

Intanto la Camera, dove i dem sono in maggioranza, andrà comunque avanti nelle sue indagini, potendo ampliarne lo spettro rispetto ai paletti dell’inchiesta di Mueller. La prossima mossa sarà dunque non solo chiedere la completa pubblicazione del rapporto ma anche ascoltare il segretario alla giustizia William Barr.

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