Nessun cessate il fuoco con Hamas. Israele ha deciso l’invio di altre truppe al confine con la Striscia e se occorre è pronto ad entrare a Gaza. E stasera, dopo una notte di tensione fra razzi e raid nonostante la tregua sbandierata ieri dalla milizia palestinese, un nuovo lancio è stato identificato dall’esercito israeliano nel sud del Paese, dove poco prima erano risuonate le sirene di allarme.
La decisione di mobilitare ulteriori truppe (una brigata di fanteria, un battaglione di artiglieria e unità di riservisti) è stata presa al termine della riunione di sicurezza presieduta a Tel Aviv dal premier Benyamin Netanyahu (che è anche ministro della Difesa) appena sbarcato dall’aereo che lo ha riportato in patria dagli Usa. «Hamas deve sapere che Israele non esiterà ad entrare» nella Striscia e «a fare tutti i passi necessari» collegati «ai bisogni di sicurezza» del Paese, ha avvertito il premier.
Poi, in collegamento con la Conferenza dell’Aipac a Washington, ha detto chiaramente che Israele «è pronto a fare molto di più. E lo faremo per difendere il nostro popolo e il nostro Stato». Che la situazione resti grave - anche se una parvenza di normalità in queste ore è tornata da una parte e dall’altra del confine - lo ha certificato lo stesso Consiglio di sicurezza Onu riunitosi oggi al Palazzo di Vetro per cercare di evitare il peggio.
Questa volta, tuttavia, l’assunto iniziale appare diverso dai precedenti: come dichiarato dall’inviato delle Nazioni Unite Nikolay Maldenov, «i razzi sparati da Gaza nell’area di Tel Aviv, in Israele, sono un’escalation molto seria e una provocazione. Si sta attraversando - ha denunciato - un’escalation molto preoccupante a Gaza, gli ultimi giorni hanno portato ancora una volta sull'orlo della guerra».
Non è un caso dunque l’invio di nuove truppe, che si sommano a quelle schierate subito dopo il razzo da Gaza che ieri mattina ha centrato un casa di Mishmeret, a nord est di Tel Aviv, 120 chilometri dalla Striscia, facendo 7 feriti. L’intero apparato di difesa del Paese, a due settimane dalle elezioni del 9 aprile, resta quindi in allarme e la situazione appare sospesa.
Per tutta la giornata di oggi sono continuati d’altra parte i lanci di palloni esplosivi e incendiari da Gaza verso Israele, così come i tentativi di infiltrazione dalla Striscia verso lo Stato ebraico e le violente azioni delle 'Unità della notte' di Hamas. Molto - ma non tutto a questo punto - appare legato alle prossime mosse di Hamas, che intende peraltro portare un milione di persone lungo la barriera di separazione per celebrare un anno di Marce del Ritorno, il prossimo venerdì 30 marzo.
Le comunità israeliane attorno alla Striscia da mesi chiedono sicurezza e questo, non solo in campagna elettorale, è un argomento molto serio in Israele. Non a caso il ministro dell’Educazione Naftali Bennett, leader di Nuova destra, concorrente di Netanyahu, ha definito il cessate il fuoco con Hamas «imbarazzante» per Israele. «Farei qualsiasi cosa - ha insistito criticando il premier - per fermare questo imbarazzo. La distruzione di un altro edificio vuoto indebolisce ancor di più la deterrenza di Israele e porterà più razzi sopra le nostre teste». Netanyahu ha anche questo fronte aperto.
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