A 24 ore dalla sua liberazione vengono fugati dubbi e perplessità (ma non tutti): quello di Sergio Zanotti, imprenditore bresciano di 59 anni, è stato una sequestro in piena regola messo in atto da miliziani di Al Qaida che, per tre anni, lo hanno tenuto prigioniero nella zona di Aleppo, in Siria. Nessuna fuga volontaria o messa in scena per coprire problemi economici. La conferma arriva dopo che gli inquirenti hanno ascoltato per oltre tre ore Zanotti nella caserma del Ros in via Salaria, a Roma.
Un confronto che chi indaga giudica «particolarmente utile a chiarire le modalità del sequestro», che apparivano complesse perché «mancavano testimonianze idonee a sgomberare i dubbi». Dubbi che in larga parte lo stesso imprenditore ha chiarito raccontando al procuratore aggiunto Francesco Caporale e al sostituto Sergio Colaiocco il suo «inferno» durato circa 36 mesi. Zanotti è apparso in buona salute ma molto provato psicologicamente al punto che l’atto istruttorio è stato interrotto varie volte per dargli la possibilità di trovare la forza e la lucidità di rispondere.
«Tutto è iniziato a metà aprile del 2016 - ha esordito -. Ero senza lavoro, ho deciso di andare in Turchia, nella zona di Hatay a pochi chilometri dalla Siria, per cercare di acquistare dinari antichi da rivendere in Europa dove nel mercato della numismatica hanno un valore». L’imprenditore ha raggiunto la zona utilizzando degli autobus, ma il suo errore lo commette quando decide di dare fiducia a un tassista abusivo. «Sono salito a bordo dell’auto - ha raccontato - ma dopo poco sono stato 'vendutò ai miliziani. In due mi hanno narcotizzato e la sera del 14 aprile di tre anni fa mi sono risvegliato in una casupola nella zona di Aleppo».
Di fatto, Zanotti è rimasto in quell'area per tutto il periodo del sequestro. «Ho cambiato circa 10 prigioni ma si trovavano, credo, tutte a poca distanza l’una dall’altra: i trasferimenti non erano lunghi, non ho mai incontrato altri sequestrati», ha aggiunto. Durante il lungo periodo di prigionia i carcerieri lo hanno tratto «abbastanza bene», ha detto, spiegando di non essere mai stato tenuto sotto la minaccia di armi o in catene. «Me le hanno messe solo per girare i video postati su internet, come una sorta di fiction. In una giornata ho girato diversi video con cambi di abito e cambi di scenario», ha raccontato.
Il primo filmato risale al 15 novembre 2016, è stato diffuso in rete dal sito russo Newsfront e dura una manciata di secondi. Zanotti è ripreso in ginocchio in un campo di ulivi, barba lunga e alle spalle un uomo armato di fucile: «Intervenite per evitare la mia esecuzione», affermava guardando nella telecamera. A maggio del 2017 appare un nuovo video, con l’uomo sempre in ginocchio e con alle spalle due uomini armati vestiti di nero. «Oggi è il primo maggio. Mi chiamo Zanotti Sergio. Questo è il secondo richiamo che mi lasciano fare».
Per l’imprenditore ora è arrivato finalmente il momento di rivedere i suoi familiari e di tornare a una vita normale. «Ieri mi sono visto per la prima volta allo specchio dopo tre anni - ha concluso Zanotti con gli inquirenti - e ho fatto fatica a riconoscermi: sembro invecchiato di 15 anni». Oggi, intanto, anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso la sua «soddisfazione» per la liberazione di Zanotti e ha manifestato il suo «apprezzamento agli organismi di sicurezza dello Stato che si sono adoperati per la positiva conclusione della vicenda».
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