Lunedì 23 Dicembre 2024

Un anno di carcere per Vida Movahed, l'iraniana simbolo della lotta contro il velo

Per due volte, nel pieno centro di Teheran, si era tolta dalla testa e aveva sventolato davanti ai passanti il velo, obbligatorio in Iran e per molte donne di questo Paese simbolo di repressione. Il suo esempio era stato seguito da decine di altre giovani donne. Ora per Vida Movahed, 32 anni, è arrivato il conto della giustizia islamica: un anno di reclusione per avere diffuso la corruzione morale. La fotografia di Vida Movahed mentre sventolava il suo foulard bianco appeso a un bastone sul Viale Enghelab (Rivoluzione), aveva fatto il giro del mondo. Ad allarmare le autorità era stata anche la coincidenza dell'atto di protesta, nel dicembre del 2017, con un'ondata di proteste violente in tutto il Paese contro il carovita, che aveva provocato decine di morti e migliaia di arresti. Alcuni di quelli finiti in carcere erano poi morti, ufficialmente suicidi. Nelle settimane successive, altre 29 donne furono arrestate per aver seguito l'esempio di Vida. Tre di loro sono state successivamente condannate a due anni di reclusione e alcune, successivamente rilasciate, sono state costrette a riparare all'estero. Anche Vida era stata in un primo momento liberata, dietro la promessa di non ripetere gesti di protesta. Ma nell'ottobre del 2018 la donna, ormai diventata famosa come 'la ragazza di Viale Enghelab', si era nuovamente tolta il velo in pubblico. La sentenza, resa nota oggi dal suo avvocato Payam Derefshan ma emessa il mese scorso, si riferisce proprio a questo secondo gesto di sfida. Il legale ha aggiunto che la sua cliente ha chiesto alla Guida suprema, Ali Khamenei, di usufruire dell'amnistia, ritenendo di avere i requisiti necessari. La protesta pubblica di Vida Movahed ha portato alla luce del sole un movimento ormai attivo clandestinamente da anni in Iran, promosso attraverso il sito 'My Stealthy Freedom' (la mia libertà nascosta) dall'ex giornalista parlamentare Masih Alinejad, che da tempo ha lasciato il Paese. Le foto di migliaia di donne che si erano fotografate a capo scoperto ma in luoghi appartati erano state pubblicate dal sito per protestare contro l'obbligo dell'hijab, come in arabo viene chiamato l'abbigliamento islamico. La campagna ha contribuito anche a portare allo scoperto quelle che diverse attiviste iraniane giudicano come le contraddizioni delle femministe occidentali sulla condizione delle donne musulmane. La stessa Alinejad, per esempio, ha criticato la decisione del primo ministro neozelandese Jacinda Ardern di indossare il velo in segno di rispetto verso le donne islamiche dopo l'attacco a due moschee a Christchurch che ha provocato 50 morti. L'attivista iraniana ha chiesto alla Ardern e alle altre donne che si sono coperte il capo come lei di mostrare "solidarietà anche per noi, che siamo picchiate, imprigionate e punite perché combattiamo contro l'hijab obbligatorio".

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