Tripoli ha rotto la Francia, accusandola di sostenere il «criminale» Haftar, che ha mandato all’aria ogni sforzo di pacificazione della Libia. Il governo di Fayez al Sarraj ha lanciato la sua controffensiva diplomatica, oltre che militare, per chiudere al più presto la partita con il generale della Cirenaica. E possibilmente arrestarlo. Dopo oltre due settimane di offensiva sulla capitale libica, il conflitto non segna ancora una svolta decisiva, da una parte o dall’altra.
L’unico dato certo è che le vittime continuano ad aumentare: almeno 225 morti, tra cui 70 bambini e 40 donne, a cui si aggiungono i 26mila sfollati. Nella notte, i caccia di Haftar hanno effettuato due raid sul fronte orientale di Wadi Rabie, circa 30 chilometri a est di Tripoli, e su Suani ben Adem, 25 chilometri a sudovest della capitale: un segnale, secondo alcuni osservatori, dei preparativi di un attacco finale per entrare in città. Le forze governative finora hanno resistito, ma a Tripoli si cerca un’accelerazione per rispedire Haftar a Bengasi al più presto.
Non solo con le armi, ma anche sul piano politico, invocando un concreto sostegno della comunità internazionale e mettendo gli sponsor di Haftar di fronte alle proprie responsabilità. Il governo Sarraj, per la prima volta, ha inviato un durissimo segnale a Parigi: «Qualsiasi relazione con la parte francese nell’ambito negli accordi bilaterali nel campo della sicurezza si fermerà», ha annunciato il ministero dell’Interno, accusando la Francia di fomentare la guerra. E per chiarire che con Haftar non si può più trattare, il procuratore militare di Tripoli ha spiccato un mandato d’arresto contro di lui.
A Parigi è trapelata irritazione per lo strappo di Tripoli. Fonti dell’Eliseo hanno ricordato che la Francia in «diverse occasioni ha espresso il sostegno al governo legittimo del primo ministro Sarraj e alla mediazione dell’Onu per una soluzione politica inclusiva». Se non fosse, però, che i francesi hanno già ostacolato una risoluzione comune dell’Ue di condanna diretta ad Haftar, riuscendo ad ottenere un documento di generico appello a tutte le parti libiche per la fine delle ostilità.
Nella partita diplomatica, Tripoli considera l’Italia «il partner più importante»: lo ha ribadito il portavoce del premier Sarraj, Mohanned Younis, sottolineando che Roma può aiutare a «unire la voce della comunità internazionale» contro «l'invasione del criminale Haftar» che «attacca i civili, utilizza minori al fronte e bombarda le scuole». I riflettori sono puntati soprattutto sugli Stati Uniti, che finora sono rimasti sostanzialmente alla finestra. E che proprio l’Italia sta cercando di convincere ad entrare in campo in maniera più decisiva, come è emerso dalla telefonata tra il premier Giuseppe Conte e il presidente Donald Trump.
Isolare Haftar è tutt'altro che facile, perché può contare su molti sponsor di peso, oltre alla Francia. La Russia, ad esempio, ha bloccato una risoluzione elaborata dalla Gran Bretagna al Consiglio di Sicurezza dell’Onu che chiedeva un immediato cessate il fuoco e l’impegno per la fine delle ostilità. Mosca ha contestato la menzione dell’Esercito nazionale libico di Haftar come origine dell’offensiva. E nonostante sia circolata una versione rivista del documento, i negoziati sono falliti. Costringendo i 15 ad un nuovo confronto al Palazzo di Vetro.
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