Nello Sri Lanka regna la paura. E' così diffusa, dopo la raffica di attentati del giorno di Pasqua, che l’arcivescovo di Colombo ha sospeso le celebrazioni della messa della domenica, fino a nuovo ordine. E oggi, venerdì, anche ai musulmani è stato chiesto per motivi di sicurezza di non andare in moschea per la tradizionale preghiera settimanale, ma di pregare in casa, «affinché Dio porti di nuovo la pace» sull'isola.
Ad appesantire ulteriormente la tensione è arrivata anche la notizia di una violenta sparatoria nella parte Est dell’isola a Samanthurai, a oltre 300 km da Colombo: i soldati hanno avuto uno scontro a fuoco con dei sospetti, e dopo l’operazione hanno reso noto di aver sequestrato 150 barre di gelatina esplosiva e ben centomila cuscinetti a sfera, da utilizzare probabilmente nelle bombe, oltre a bandiere e uniformi dell’Isis. Frattanto, a Colombo si può facilmente notare ovunque un massiccio dispiegamento di forze di sicurezza.
Nuovi avvertimenti di possibili ulteriori attacchi da parte del gruppo terrorista accusato degli attentati sono del resto arrivati da più fonti. A cominciare dal premier, Ranil Wickremesinghe, che all’Ap ha detto di temere che alcuni dei sospetti «possano venire allo scoperto e compiere attacchi suicidi». Un avvertimento è poi oggi arrivato dall’Australia, e in maniera più velata anche da altri Paesi, le cui ambasciate hanno invitato i concittadini che si trovano sull'isola alla massima cautela. Il timore, oltre a quello di nuovi attentati contro i cristiani, è quello di attacchi di rappresaglia contro la comunità islamica.
Non a caso l’arcivescovo di Colombo, cardinale Malcolm Ranjith, nell’annunciare che domenica non ci sarà messa ha colto l'occasione per parlare ai musulmani: «Posso assicurare la comunità islamica che non ha nulla da temere dopo gli attacchi», perché tutte le quattro religioni maggiori presenti nello Sri Lanka «hanno davvero buone relazioni». Un concetto espresso anche da uno dei fedeli che oggi hanno deciso di andare comunque in moschea, sotto gli occhi dei molti soldati di guardia armati di fucili d’assalto. «Noi - ha detto ad al Jazeera - lavoriamo con i cristiani, con i buddisti, con gli indù. Ciò che è accaduto a questo meraviglioso Paese rappresenta una minaccia per tutti noi».
Una minaccia a cui il presidente Maithripala Sirisena intende far fronte in maniera massiccia. «Ogni casa del Paese verrà controllata», ha detto, aggiungendo che «verrà stabilita una lista dei residenti permanenti in ogni edificio, per evitare che persone sconosciute possano abitare dove vogliono». Si tratta di una misura, ha precisato, adottata con successo anche durante la guerra contro le Tigri di liberazione Tamil (1983-2009). In un conferenza stampa Sirisena ha poi reso noto il siluramento del capo della polizia, Pujith Jayasundara. Si è dimesso, ha affermato, e presto ne nominerà il successore, che dovrà tra l’altro intensificare le ricerche di 140 persone dell’isola che si ritiene abbiano da anni collegamenti con l'Isis.
Sirisena ha inoltre annunciato che il presunto leader del commando che ha realizzato gli attentati - il cui bilancio è ora di 253 morti e oltre 500 feriti -, tale Mohamed Zahran, sarebbe rimasto ucciso durante l’assalto allo Shangri-La hotel. E oltre a limitare fortemente i movimenti della popolazione, la paura diffusa rischia ora di avere per l’isola anche pesanti ripercussioni economiche: «Il turismo sarà il settore più colpito», ha detto il ministro delle Finanze Mangala Samaraweera. Per quest’anno «ci aspettiamo un calo del 30 per cento negli arrivi, e questo vuol dire una perdita di circa un miliardo e mezzo di dollari».
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