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Elezioni in Spagna, socialisti in testa ma senza maggioranza. Ultradestra in Parlamento

I socialisti sono in testa, i popolari affondano, l’estrema destra entra in Parlamento per la prima volta nella storia della democrazia spagnola. Ma al di là di questi dati, la Spagna si ritrova stasera senza una maggioranza chiara per formare il prossimo governo. Con i partiti indipendentisti che potrebbero giocare ancora un ruolo chiave. Almeno secondo i primi opinion poll diffusi in serata a chiusura delle urne, che hanno registrato un’affluenza boom del 73,3% contro il 66,4 del 2016.

Un quadro, insomma, che sembra farsi beffe degli appelli alla stabilità lanciati dai leader dei principali partiti fino a stamattina. Quel che è certo è che ci vorrà una coalizione per andare alla Moncloa. In un Paese dominato finora da un bipartitismo perfetto, almeno al governo, la novità è dettata dalla profonda crisi che ha attraversato il sistema politico spagnolo, fiaccato dagli scandali di corruzione che hanno travolto il Partido Popular determinando meno di un anno fa la caduta del governo guidato dal popolare Mariano Rajoy ma anche dall’esplosione della questione catalana, che ha radicalizzato il dibattito pubblico.

Aperto il vaso di Pandora del'indipendentismo, ne è uscito Vox, sostengono in molti qui a Madrid. La formazione guidata da Santiago Abascal ha evidentemente fatto centro fra chi era alla ricerca di un messaggio forte per la difesa dell’unità del Paese. Anche a dispetto dei timori che alcune posizioni radicali di Vox pure sollevano. «Una volta in parlamento, smusseranno i toni», osservano in molti in queste ore. Da domani, secondo i primi exit poll, potrebbero arrivare ad avere 38 seggi nelle Cortes. Secondo i primi numeri diffusi dalla Tve, il partito socialista del premier uscente Pedro Sanchez avrebbe il 28,1% dei voti, pari a 116-121 seggi sui 350 del parlamento di Madrid.

A sinistra Podemos è quotato al 16,1 (42-45 seggi). Assieme avrebbero quindi al massimo 166 seggi. Con il 17,8% (69-73 seggi), il Partido popular del giovane Pablo Casado raccoglie invece il peggior risultato della sua storia, mentre i liberali di Ciudadanos sarebbero al 14,4% (48-49 seggi) e l’ultradestra di Vox al 12,1% (36-38 seggi). Al momento nessuna delle due possibili coalizioni ha quindi la maggioranza assoluta di 176 seggi. E a fare la differenza potrebbero essere ancora una volta gli indipendentisti catalani.

Proprio in Catalogna tra l’altro gli elettori sembrano aver voltato le spalle all’ex presidente Carles Puigdemont, attualmente in esilio in Belgio: al suo Junts pel Catalunya, i catalani hanno preferito la sinistra repubblicana di Erc, più dialogante con Madrid, che è guidata da Oriol Junqueras, in carcere con l’accusa di dichiarazione illegale di indipendenza dopo il referendum del 2017. In base ai primi dati, il partito di Junqueras otterrebbe 13-14 seggi nel nuovo parlamento spagnolo, rispetto ai 5 di Puidgemont.

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