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Alta tensione tra Usa e Cina, la guerra commerciale minaccia la crescita globale

Xi Jinping e Donald Trump

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, salita di livello col caso Huawei, rappresenta una seria minaccia per la crescita mondiale nel 2019, in uno scenario in cui i consumatori saranno i «perdenti» dello scontro frontale a colpi di dazi tra le prime due economie del pianeta.

Il Fondo monetario internazionale ha lanciato l’allarme sulla situazione maturata in meno di un anno, stimando che «a livello globale» le ultime tariffe fino al 25% annunciate da Washington e Pechino (rispettivamente su 200 miliardi e su 60 miliardi di dollari di import di beni made in Usa o in China) «sottrarranno circa un terzo di punto percentuale di Pil nel breve termine, la metà del quale legato dagli effetti sulla fiducia delle aziende e dei mercati.

Questi effetti, anche se relativamente modesti al momento, si vanno ad aggiungere a quelli dei dazi attuati nel 2018», ha rilevato ancora l’istituzione di Washington. Che i consumatori siano destinati a «pagare il conto» finale lo dimostra anche la previsione di uno studio della Fed di New York: l’ultimo round di dazi Usa alla Cina peserà per 800 dollari a famiglia, per 106 miliardi di dollari totali all’anno.

Quanto basta per giustificare il nervosismo delle Borse: le perdite, partite da Tokyo (-0,62%) e Shanghai (-1,36%), sono poi arrivate in Europa (Milano a -2,12%, Londra a -1,41%) e a Wall Street, con Dow Jones e Nasdaq in rosso di oltre l’1%. La Cina ha presentato «una grave protesta formale» contro gli Usa lamentando la denigrazione e le azioni a danno di Huawei, a cui è stato impedito l’acquisto di parti hi-tech da fornitori americani, nell’escalation della guerra commerciale.

«Prenderemo tutte le misure necessarie per aiutare le compagnie cinesi a migliorare la capacità nella gestione di questi rischi», ha assicurato il portavoce del ministero del Commercio, Gao Feng. Il colosso di Shenzhen ha tenuto ancora banco: se Panasonic, Toshiba e Arm si avviano a negargli i loro microchip, il guanto di sfida è la ufficializzazione che il sistema operativo 'made in Huawei', dopo lo stop di Google su Android, sarà lanciato al più presto in autunno o non oltre la primavera del 2020, ha notato Richard Yu, a capo della divisione consumer business.

La mossa, ha scritto il Global Times, «riflette la strategia di diventare indipendente e trovare soluzioni alternative» alle forniture di componenti hi-tech dopo l’ultima stretta Usa alle vendite. «Siamo disponibili a continuare a usare i software di Google e Microsoft, ma non abbiamo altra scelta» che lo sviluppo di un sistema autonomo, ha affermato Yu, per il quale il sistema sarà di ampia portata e utile per smartphone, computer, tablet, tv, automobili e dispositivi portatili smart, nonché compatibile con tutte le applicazioni di Android.

La vicenda ha mostrato i limiti della Cina: Huawei non ha uno sviluppatore sufficientemente valido sul mercato interno tale da sostenere l’evoluzione di prodotti e aggiornamenti, come Android di Google o iOs di Apple, e ha rimarcato l’importanza di avere  tecnologie «core» e l’urgenza dell’autosufficienza. Alcuni media cinesi hanno menzionato in settimana già l’avvio delle fasi di test del sistema operativo di Huawei destinato a sostituire gradualmente Android.

Quello che appare certo, dalla prospettiva di Pechino, è che la guerra commerciale sia ormai una «nuova Guerra Fredda tecnologica»: con Zte, Huawei e Dji (il colosso dei droni), tre campioni della 'nuova Silicon Valley' cinese (l'area di Nanshan, a sud di Shenzhen), a essere nel mirino c'è anche il colosso della videosorveglianza Hikvision. Huawei non dice al mondo la verità: «mettere le proprie informazioni nelle mani del Partito comunista cinese è 'de facto' un vero rischio» e la Cina è un rischio alla sicurezza nazionale, ha attaccato il segretario di Stato Mike Pompeo.

Tra i netizen cinesi crescono i richiami alla «resistenza», diventano virali le canzoni patriottiche o composte sul tema della guerra commerciale, mentre la Cctv ha mandato in onda in serata un vecchio film sulla Guerra di Corea, in cui i volontari cinesi seppero ribaltare le sorti malgrado l’inferiorità di mezzi contro l’alleanza Onu a guida Usa. Un esempio dello spirito per ispirare la «nuova Lunga Marcia» appena rievocato dal presidente Xi Jinping.

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