Domenica 22 Dicembre 2024

Esplosioni su due petroliere, giallo nel Golfo dell'Oman: gli Usa accusano l'Iran

Nel giorno chiave della missione giapponese per riaprire il dialogo tra Iran e Stati Uniti, la tensione nel Golfo è tornata a infuocarsi. Mentre il primo ministro Shinzo Abe sedeva a Teheran di fronte alla Guida suprema Ali Khamenei per convincerlo a trattare con Donald Trump sul nucleare - negoziati che il presidente Usa ha già definito prematuri -, una serie di esplosioni ha colpito stamani due petroliere nel Golfo di Oman, a meno di 30 miglia dalla costa iraniana, una delle quali proprio di proprietà nipponica. L’altra nave, secondo la compagnia che l’ha noleggiata, «sarebbe stata colpita da un siluro». Una coincidenza che il ministro degli Esteri della Repubblica islamica, Mohammad Javad Zarif, ha subito definito «sospetta», denunciando un tentativo di sabotaggio. Gli Stati Uniti, così come l’Arabia Saudita, hanno invece subito puntato il dito contro Teheran, come già accaduto un mese fa con i quattro cargo misteriosamente danneggiati al largo delle coste emiratine di Fujairah, nello stesso tratto di mare. «Gli spudorati attacchi nel Golfo di Oman fanno parte di una campagna dell’Iran per creare sempre più instabilità nella regione», ha tuonato il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, minacciando una «risposta economica e diplomatica». Dal canto suo l’Iran ha respinto ogni responsabilità, spalleggiato dalla Russia, che ha esortato ad evitare «conclusioni avventate». Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha indetto una riunione d’urgenza per discutere l’accaduto, e un allarme sui rischi di un’escalation è giunto anche dal segretario generale Antonio Guterres: «Se c'è una cosa che il mondo non può permettersi è un confronto di grandi dimensioni nella regione del Golfo». Intanto, i sospetti attacchi alle porte dello stretto di Hormuz - da cui passa quasi un terzo del petrolio commerciato via mare - hanno fatto schizzare il prezzo del greggio, con aumenti sopra il 3,5%. Le esplosioni sono avvenute nelle prime ore del mattino su un cargo di proprietà norvegese, la Front Altair, che trasportava 75 mila tonnellate di nafta dal Qatar verso Taiwan, e un altro giapponese, la Kokuka Courageous, carico di metanolo dell’Arabia Saudita e diretto a Singapore e in Thailandia. Le immagini aeree hanno mostrato le navi in fiamme, con gravi danni in diverse sezioni, ma nessuna delle due è affondata. Tutti i membri degli equipaggi sono stati tratti in salvo. Dopo l’allarme è intervenuta la Uss Bainbridge della Quinta flotta americana, di base in Bahrein, rivendicando il soccorso dei 21 marinai filippini della Kokuka. Tra questi c'è anche l’unico ferito, non grave. La Marina militare iraniana ha invece condotto nel suo porto di Bandar-e-Jask i 23 marinai della Front Altair, di nazionalità russa, filippina e georgiana. Gli attacchi alle petroliere hanno inflitto comunque un nuovo colpo alle speranze di riaprire il dialogo sul dossier del nucleare. «Non abbiamo dubbi sulla buona volontà e la serietà di Shinzo Abe, ma non considero Trump una persona che merita uno scambio di messaggi. Non ho alcuna risposta da dargli e non gli risponderò. La Repubblica islamica non si fida degli Stati Uniti», ha detto Khamenei, ricordando «le precedenti amare esperienze negoziali con gli Usa» e assicurando che «non si ripeteranno, perché nessuna nazione libera e saggia accetterebbe di negoziare sotto pressione». Del resto, ha insistito l'ayatollah, «negoziati sinceri non ci potrebbero mai essere con una persona come Trump», come dimostrano le nuove sanzioni sul settore petrolchimico, emesse dopo aver chiesto un ritorno alle trattative. «Loro non sono pronti, e neppure noi!», ha risposto Trump su Twitter: «Apprezzo molto che Shinzo Abe sia andato a incontrare l’ayatollah Khamenei, ma personalmente penso che sia troppo presto addirittura per pensare di fare un accordo», ha tagliato corto il presidente. Abe è comunque tornato a Tokyo con la rassicurazione che Teheran non intende cercare l’atomica. «Siamo contrari alle armi nucleari e i nostri verdetti religiosi proibiscono di costruirle. Ma si sappia - ha aggiunto Khamenei - che se mai le volessimo, gli Stati Uniti non potrebbero farci nulla».

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