«Una battaglia per la democrazia». Per Ekrem Imamoglu, la posta in gioco è chiara. Il voto di domenica non servirà solo a decidere il nuovo sindaco di Istanbul, ma il futuro di tutta la Turchia.
Dopo il clamoroso annullamento della sua elezione alle amministrative del 31 marzo, ottenuta per 13.729 dopo un estenuante riconteggio di schede, Imamoglu ci riprova. L’uomo che per 18 giorni si è seduto sulla poltrona di primo cittadino della megalopoli sul Bosforo, togliendola dopo un quarto di secolo alle forze del presidente Recep Tayyip Erdogan, sogna di tornarci tra poche ore.
Alla sfida con l’ex premier Binali Yildirim arriva stavolta con i favori del pronostico. Se prima era un semi-sconosciuto amministratore del Chp in una municipalità cittadina, e i sondaggi lo davano perdente, ora è l’uomo da battere. Perché nel frattempo si è trasformato in una star in patria, riunendo le folle nelle piazze, e all’estero, dove i media l’hanno consacrato come il nuovo anti-Erdogan.
Lui, però, giura di restare concentrato su questo voto per cancellare «l'ingiustizia» subita e prendere finalmente il controllo della metropoli in cui vive un turco su cinque e che vale un terzo del Pil nazionale, con un bilancio comunale di 8 miliardi di euro.
A decidere la partita nelle urne, in cui si prevede comunque un altro testa a testa, potrebbero essere gli indecisi: centinaia di migliaia di preferenze ancora in ballo, sugli oltre 10 milioni di aventi diritto. Domenica scorsa, l’atteso e inedito faccia a faccia in tv tra i due candidati - in Turchia non accadeva dal 2002, prima che Erdogan salisse al potere - non sembra aver spostato troppo gli equilibri.
E fino all’ultimo entrambi si contenderanno voti cruciali: Imamoglu con i comizi tra la gente e i social media, Yildirim puntando sulla potente macchina di propaganda del suo Akp. Il grande assente della campagna elettorale è stato invece proprio Erdogan, consigliato pare sui rischi di una sovraesposizione diventata un boomerang.
Il contrario delle amministrative del 31 marzo, che trasformò in un referendum sul suo governo occupando piazze e televisioni, con 102 comizi in 50 giorni, per raccogliere poi il peggior risultato da quando è al potere. Un peso l’avrà anche il voto degli indipendenti, soprattutto i curdi.
Nella scorsa tornata avevano di fatto sostenuto Imamoglu, ma Erdogan ha provato a ribaltare la scena rispolverando il fantasma del leader del Pkk in carcere, Abdullah Ocalan. Il mese scorso gli ha fatto incontrare i suoi legali per la prima volta dopo 8 anni, promettendogli un alleggerimento delle condizioni di isolamento nell’isola-prigione di Imrali.
E lui, in disaccordo con l’uomo forte dell’Hdp Selahattin Demirtas, anch’egli dietro le sbarre, ha risposto chiedendo ai suoi di restare neutrali domenica. In primo piano c'è anche la sicurezza ai seggi, dopo l'annullamento del voto per presunte irregolarità. A Istanbul ci saranno di nuovo gli osservatori del Consiglio d’Europa, mentre il Chp schiererà decine di migliaia di volontari per custodire fino all’ultima scheda.
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