Stavolta Donald Trump punta al bersaglio grosso, colpendo la Guida Suprema della Repubblica Islamica. Nel mirino delle nuove sanzioni Usa all’Iran c'è infatti l’ayatollah Ali Khamenei, visto a Washington come la figura più minacciosa di Teheran e il vero ostacolo a qualunque tipo di dialogo con l’attuale Casa Bianca.
E se nella capitale iraniana la decisione americana viene letta come l’ennesima provocazione, per Trump è una risposta più che proporzionata all’episodio del drone Usa abbattuto dai missili delle Guardie Rivoluzionarie. Quello che per un soffio non ha portato al conflitto, con l’ordine di attaccare con i raid aerei ritirato all’ultimo istante dal tycoon.
«Queste persone vogliono spingermi in una guerra, ed è ripugnante», avrebbe confidato il presidente americano in un incontro privato parlando dei suoi più stretti consiglieri. Un colloquio riportato dal Wall Street Journal che sembra la spia di una presa di distanza del tycoon dai falchi guidati dal consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, da sempre fautore di un cambiamento di regime a Teheran.
Trump è quindi determinato a proseguire sulla strada delle sanzioni economiche e finanziarie che hanno già stremato l'economia iraniana, colpendo soprattutto le esportazioni di petrolio. Ed è convinto che alla fine questa pressione porterà la leadership della Repubblica Islamica a dialogare e a scendere a patti con l’amministrazione americana.
Di qui i recenti e ripetuti appelli di Trump per un incontro, con il segretario di Stato Mike Pompeo che ha spiegato come gli Usa siano disponibiliad avviare un negoziato senza precondizioni. Anche se nell’ennesimo tweet Trump ha ribadito i paletti per avviare una discussione: l’Iran deve rinunciare al suo sogno della bomba atomica e deve smetterla di sostenere il terrorismo.
«Non cerchiamo un conflitto e ci piacerebbe di essere in grado di siglare un nuovo accordo», ha affermato il presidente americano nel firmare le nuove sanzioni. Queste ultime riguardano l’ayatollah Khamenei, accusato di essere il responsabile della condotta ostile dell’Iran, ma in generale sono rivolte all’intera leadership iraniana, a cui sarà impedito - ha spiegato il segretario al Tesoro Usa Steve Mnuchin - di accedere ai servizi finanziari che rientrano nella giurisdizione americana.
Ed entro la fine della settimana, ha aggiunto Mnuchin, ad essere raggiunto da sanzioni specifiche potrebbe essere il ministro degli Esteri Javad Zarif, insieme all’ex segretario di Stato Usa John Kerry il vero artefice dell’accordo sul nucleare iraniano del luglio del 2015. Intanto resta alta la tensione dopo che gli Usa hanno sferrato contro la Repubblica Islamica un massiccio cyber attacco per colpire il sistema missilistico e dei radar delle forze armate di Teheran.
Dalla capitale iraniana negano che l'offensiva abbia prodotto dei risultati e minacciano l'abbattimento di altri droni: «Nessuno degli attacchi ha avuto successo», ha assicurato il ministro delle Telecomunicazioni iraniano, spiegando come l’arma più usata dagli Usa sia Stuxnet, un virus informatico di sospetta produzione israeliana e americana che ha danneggiato in passato impianti nucleari di Teheran.
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