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Il Consiglio d'Europa riammette la Russia, l'ira di Ucraina e Giorgia

Svolta a Strasburgo. Dopo cinque anni di castigo a causa della crisi ucraina, la delegazione russa potrà infatti tornare a sedere ai banchi dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa mettendo fine a un lungo braccio di ferro (con annessa sospensione dei contributi finanziari da parte di Mosca) che rischiava di provocare l’addio definitivo della Russia.

La mossa però non è stata indolore: l'Ucraina, e in una certa misura anche la Georgia, si sentono tradite, e ora salgono sulle barricate, promettendo battaglia.
L’Assemblea Parlamentare, in una seduta fuori dal comune durata 8 ore, più del doppio del solito, con il voto finale sul testo originale - 118 a favore, 62 contrari e 10 astenuti - ha deciso di applicare una «deroga speciale» al proprio regolamento che permette alla delegazione russa di accreditarsi (domanda subito presentata) nonché di limitare in modo sostanziale la lista di sanzioni applicabili a una delegazione - richiesta su cui la Russia si batteva da anni e che aveva posto come «condizione essenziale» per rientrare in aula.

Da oggi dunque ai membri di una delegazione sanzionata non potrà più essere tolto il diritto di voto, di parola e di essere rappresentati nell’assemblea e nei suoi organi. «Non si tratta di una vittoria diplomatica di Mosca, è una vittoria della ragione, perché l’Assemblea non può lavorare adeguatamente senza la partecipazione della delegazione russa», ha commentato con soddisfazione il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov.

In realtà la composizione del voto dice molto sullo stato delle relazioni fra la Russia e i singoli paesi rappresentati al Consiglio (che non fa parte, è bene ricordarlo, delle istituzioni dell’Unione Europea). I big dell’Europa occidentale come Germania, Francia, Spagna e Italia hanno fatto blocco - sostenuti da Belgio, Austria e Olanda - spianando la strada alla Russia, mentre sul fronte orientale la situazione è marcata da un generale scetticismo con punte di chiusura assoluta.

Come nel caso di Ucraina, Georgia, Polonia e Paesi baltici. I parlamentari del Regno Unito, nonostante Theresa May si fosse pronunciata a favore del rientro della Russia poiché il Consiglio d’Europa «è uno dei pochi strumenti disponibili» per tenerla in riga (ad esempio la Corte dei Diritti Umani), sono andati invece alla spicciolata, dividendosi tra favorevoli (scozzesi), contrari (Tory) e astenuti (laburisti).

Praticamente l'ennesima Brexit. Detto questo, la delegazione ucraina ha reagito con furore, sospendendo la sua presenza all’Assemblea e annunciando di aver chiesto al Parlamento di esprimersi sul possibile ritiro in blocco. «Proprio nel 70/o anniversario della fondazione il Consiglio d’Europa ha perso la sua credibilità e non può più svolgere il ruolo che gli fu assegnato dai padri fondatori», ha tuonato il ministero degli Esteri ucraino.

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