Lunedì 23 Dicembre 2024

Sanzioni di Trump, l'Iran chiude la via diplomatica: "Sono affetti da ritardo mentale"

È sempre più duro lo scontro verbale tra Iran e Stati Uniti. All’indomani delle nuove sanzioni americane che hanno preso di mira anche la Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, arriva la secca replica di Teheran, che dopo queste misure «oltraggiose e stupide» dichiara «chiusa in modo permanente la via della diplomazia con l'amministrazione Trump». Alla Casa Bianca, ha detto il presidente Hassan Rohani in diretta tv, sono «affetti da ritardo mentale», usando un’espressione già rivolta in passato contro Trump proprio da Khamenei. «Ogni attacco dall’Iran all’America provocherà il suo annientamento», ha risposto durissimo via Twitter il presidente americano, definendo «ignoranti e offensive» le dichiarazioni di Rohani. Parole «immature e infantili» anche per il segretario di Stato Mike Pompeo, che ribadisce al contempo la «fermezza» di Washington. Ai faccia a faccia al G20 di Osaka sulla crisi nel Golfo, tra cui quello probabile di Trump con Vladimir Putin, si arriva quindi con la tensione alle stelle. Un monito agli Usa è arrivato proprio da Mosca, che ha definito le nuove sanzioni «sconsiderate» e «destabilizzanti». E anche la Cina sollecita «calma e moderazione», avvisando Washington che «applicare ciecamente la massima pressione non aiuterà a risolvere il problema». La replica iraniana alle nuove sanzioni rivela la crescente diffidenza verso i continui cambi di tono della Casa Bianca. «Non sanno cosa devono fare», è l’accusa di Rohani. «Mentre fate appelli ai negoziati, cercate di sanzionare il ministro degli Esteri? È evidente che state mentendo», ha detto ai vertici americani riguardo alle sanzioni annunciate contro il capo della diplomazia Mohammad Javad Zarif, architetto dell’intesa sul nucleare. Ma i dirigenti iraniani, ha aggiunto, «non sono come quelli degli altri Paesi che hanno miliardi sui conti all’estero» da poter «sanzionare, sequestrare o bloccare». E a Teheran si ironizza in queste ore anche su una gaffe di Trump, che annunciando le sanzioni ha confuso gli ayatollah, attribuendole verbalmente al fondatore della Repubblica islamica Ruhollah Khomeini, morto trent'anni fa, anziché al suo successore Khamenei. Non sembra dunque esserci spazio per il dialogo, nonostante il falco John Bolton, consigliere per la Sicurezza Nazionale, abbia giurato da Gerusalemme che gli Usa restano disponibili ai negoziati e Teheran deve solo «varcare quella porta aperta». Ma subito dopo ha avvisato che «tutte le opzioni restano sul tavolo» se riprenderà ad arricchire l’uranio, come ha minacciato di fare dopo il 7 luglio se i suoi partner europei non agiranno contro «il terrorismo economico degli Usa». D’altronde Trump ha ammonito di non avere bisogno del via libera del Congresso per un attacco, via libera che invece è necessario secondo la speaker della Camera Nancy Pelosi. Bolton ha partecipato a un trilaterale con gli omologhi di Israele e Russia. Le loro posizioni sulla condotta della Repubblica islamica rimangono opposte. Mosca continua anzi a sostenere l’alleato di ferro in Siria e lo difende anche sul drone americano abbattuto, sostenendo che in base alle sue indagini aveva violato il suo spazio aereo. Con il passare dei giorni, sale anche la pressione sull'Europa per salvare l'accordo sul nucleare. Il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian ha chiesto all’Iran di non abbandonarlo perché sarebbe «un grave errore», «la risposta sbagliata». Resta in ballo l’ipotesi di una missione di altro livello a Teheran di Francia, Germania e Gran Bretagna, artefici del sistema finanziario Instex per proseguire gli scambi nonostante le sanzioni. Un meccanismo annunciato quasi cinque mesi fa ma che non è mai entrato in funzione.

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