A 77 anni suonati l’ex generale e premier Ehud Barak torna in campo: la sua nuova missione è quella di «buttare giù il regime di Benyamin Netanyahu» con un partito tutto nuovo. Il soldato più decorato nella storia d’Israele, ex laburista, più volte ministro e tanto altro ancora, ha rotto così gli indugi e risposto a quelli che da tempo gli chiedevano di impegnarsi. L’annuncio di oggi ha introdotto un elemento di assoluta sorpresa in quella che si annuncia come una campagna elettorale senza esclusioni di colpi per il voto del 17 settembre. Barak - fedele al suo stile di mirare diritto all’obiettivo grazie al quale già una volta ha sconfitto Netanyahu - non ha risparmiato fendenti al suo ex premier (ne è stato ministro della Difesa dal 2007 al 2013). «Nelle ultime settimane sono state passate tutte le linee rosse», ha denunciato riferendosi al pasticcio, a due mesi dal voto dello scorso aprile, dello scioglimento della Knesset voluto da Netanyahu per impedire che l’incarico venisse dato a qualcun altro. Così come alle manovre tra ieri e oggi del capo della Knesset, Yuli Edelstein (Likud), per rimangiarsi quello scioglimento da lui stesso votato ed impedire le prossime elezioni vista la brutta aria che ora sembra tirare per il premier, sul quale pende a breve una possibile incriminazione per corruzione. «E' in gioco il futuro dello Stato sionista», ha avvertito Barak, accusando Netanyahu di essersi contornato di "razzisti, messianici, falsari dell’ebraismo e dello stesso sionismo». «La gravità della situazione - ha detto - ci costringe a decisioni immediate per cambiare questa rotta distruttiva che ci porta al baratro». Barak, che non ha ancora annunciato il nome del nuovo partito al quale ha aderito anche l’ex vice capo di stato maggiore Yair Golan, si è detto consapevole che occorre unire le forze e per questo ha fatto appello principalmente a 'Blu-Biancò di Benny Gantz, l’altro ex generale che nell’ultimo voto ha ottenuto lo stesso numero di seggi di Netanyahu. Ma non ha tralasciato neppure lo stesso Likud, sostenendo che anche il suo partito sa che Netanyahu «è giunto al termine». Poi si è rivolto direttamente a 'Bibì, ricordandogli del tempo passato insieme da commilitoni: «Come tuo ex comandante ti dico che la tua strada è finita. Questa è la tua ultima occasione per andare a casa da solo. Non devi gettare il Paese nel caos solo per salvarti dalla prigione». Per ora il Likud si è limitato a dire di non voler interferire «nel modo in cui la sinistra spartisce le proprie forze fra Barak, Lapid e Gantz». La notizia è comunque rimbalzata anche al seminario di Manama in Bahrein, dove gli Usa hanno calato la loro proposta economica da 50 miliardi di dollari per l’economia palestinese e dove il genero-consigliere di Trump, Jared Kushner, sta tentando di smussare l’opposizione di Ramallah e di Abu Mazen. Ma l’Olp oggi ha ribadito che «nessun popolo dignitoso può accettare» il piano di Trump, che «elude i temi reali spacciando idee riciclate e già fallite». «La libertà della Palestina dall’occupazione israeliana e dalla dominazione economica non sono negoziabili e - ha aggiunto chiudendo qualsiasi porta al presidente Usa - sono presupposti essenziali per la pace».