L'Iran lo aveva minacciato e ora dalle parole è passato ai fatti, superando per la prima volta la fatidica soglia dei 300 chilogrammi di uranio arricchito consentiti dallo storico accordo sul nucleare del 2015. Si tratta di una quantità ancora insufficiente per arrivare a realizzare una bomba atomica, ma quello che Teheran lancia al mondo intero è un segnale forte: la Repubblica islamica non intende piegarsi alla linea dura di Donald Trump, che proprio un anno fa abbandonò quell'accordo fortemente voluto da Barack Obama e dal presidente iraniano Hassan Rohani. La prima a dare la notizia della violazione dell'intesa è stata l'agenzia iraniana Fars. Notizia poi confermata sia dall'Aiea, l'agenzia atomica delle Nazioni Unite, sia dal ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif, uno dei massimi artefici dell'accordo del 2015 insieme all'ex segretario di Stato americano John Kerry. "L'Iran con un passo significativo avanza verso la produzione di armi nucleari", l'allarme lanciato ancora una volta dal premier israeliano Benyamin Netanyahu. In realtà per arrivare alla bomba atomica la quantità di uranio arricchito necessaria - spiegano gli esperti - è di circa 800-900 chilogrammi. Ma non c'è dubbio che quella di Teheran rappresenta una svolta che manda in fumo impegni che erano stati fissati nero su bianco dopo anni e anni di pressioni e di negoziati con gli Usa e l'Europa. Del resto per Zarif l'Iranha tutto il diritto di riprendere a ritmo più sostenuto la produzione di uranio arricchito, visto che i primi a violare l'intesa - ha ribadito anche oggi - sono stati gli Usa: prima uscendo dall'accordo del 2015, poi imponendo nuove sanzioni contro Teheran. Inoltre l'Europa - è la denuncia iraniana - nonostante continui a difendere l'intesa stracciata dalla Casa Bianca di Donald Trump non è stata in grado di mettere in moto quel meccanismo finanziario promesso da Londra, Parigi e Berlino e in grado di bypassare le sanzioni Usa, che solo sul fronte delle vendite di petrolio sono costate all'Iran almeno 50 miliardi di dollari. E' stato proprio dopo l'incontro con gli europei a Vienna, lo scorso 28 giugno, che la leadership di Teheran si è convinta a passare a sua volta alla linea dura. Lanciando nelle ultime ore un nuovo ultimatum anche al Vecchio Continente: "L'Iran si augura che l'Ue prenda misure pratiche e tangibili per mettere in funzione il meccanismo finanziario Instex entro il 7 luglio, dopo di che comincerà a fare nuovi passi", ha avvertito il portavoce del ministero degli Esteri Abbas Mousavi. E il prossimo passo potrebbe essere quello di oltrepassare un'altra soglia prevista dall'accordo del 2015, quella di 13 tonnellate relativa allo stock di acqua pesante. Se la preoccupazione è quella di un'escalation dalla conseguenze imprevedibili con Washington, alcuni osservatori sottolineano come quella di Teheran potrebbe essere una tattica negoziale per mettere in difficoltà Trump, anche di fronte agli alleati europei, e convincerlo a tornare sui suoi passi. Del resto più volte il tycoon ha lanciato un segnale di apertura verso l'Iran con l'obiettivo di avviare le trattative per una nuova intesa sul nucleare. Per ora però l'Iran ha respinto ogni avance: prima Washington rientri nell'accordo del 2015 e rispetti i suoi impegni, poi si potrà pensare a sedersi di nuovo attorno a un tavolo.