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Visita di Putin a Roma tra Vaticano, istituzioni italiane e prove di disgelo con l'Ue

Vladimir Putin e Sergio Mattarella

Una giornata tra Vaticano e palazzi della politica sotto il sole di Roma per cercare un disgelo con l’Ue: è stato questo il senso della visita lampo del presidente russo, Vladimir Putin, a cui è stata riservata un’accoglienza calorosa al di là dei 34 gradi che hanno segnavano i termometri. Il capo del Cremlino ha potuto consolidare il confronto con papa Francesco sui maggiori dossier di politica internazionale e ha lanciato ai nuovi vertici Ue un invito a «ripristinare relazioni a pieno titolo».

La visita è stata la prima di Putin in Europa dopo le elezioni del Parlamento europeo e la quinta in Vaticano, vero cuore della missione del capo del Cremlino, che non si vede molto spesso in Europa. L’udienza con il Pontefice è durata quasi un’ora ed è stata una «discussione molto interessante e sostanziale», ha riferito Putin, uscendo dallo studio privato di Francesco, dopo quello che è stato il loro terzo incontro, suggellato dalla firma di un protocollo di intesa, riguardante la collaborazione tra l’Ospedale Bambino Gesù e gli Ospedali pediatrici della Federazione. «Ho parlato con il Santo Padre e devo condividere una sincera e gioiosa soddisfazione di papa Francesco, dopo l’udienza con il presidente russo», ha riferito il direttore ad interim della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti.

Al centro dei colloqui, oltre ai rapporti bilaterali, soprattutto la protezione dei cristiani perseguitati in Medio Oriente, la Siria, il Venezuela e la situazione in Ucraina, dove la comunità ortodossa è in subbuglio per l’autocefalia concessa dal Patriarcato ecumenico di Costantinpoli alla Chiesa di Kiev e dove i greco-cattolici, ortodossi di rito ma fedeli al Papa, reclamano lo status di 'chiesa patriarcalè. Proprio domani e sabato, è previsto l’incontro in Vaticano del Sinodo Permanente e dei Metropoliti dei greco-cattolici. Putin, che da anni si propone come paladino dei valori cristiani contro il secolarismo delle società occidentali, può tornare a casa con il rinnovato sostegno del Vaticano, dove Francesco lo ha già invitato a ritornare, pur non potendo ancora ricambiare la visita con un viaggio a Mosca: anche in questa occasione, come anticipato, non è stato esteso un invito in questo senso al Papa perchè manca ancora il necessario consenso del Patriarcato di Mosca, dove nonostante i flebili avvicinamenti tra le due Chiese sono radicate posizioni ostili Pontefice.

E’ stato, però, dal cortile di Palazzo Chigi, nella conferenza stampa congiunta col premier Giuseppe Conte, che Putin ha potuto ricordare, forte e chiaro, la la linea di Mosca su diversi dossier. «Chi ha distrutto la stabilità della Libia? Per me è stata una decisione della Nato!, ha denunciato, ammonendo che la Russia non è obbligata a «dare un contributo decisivo alla risoluzione» della crisi. «Non guardiamo in disparte ma non vogliamo neppure immergerci a capofitto in questo problema», ha proseguito, ribadendo l’appoggio russo «sia ad Haftar, che Serraj» e la necessità di un cessate il fuoco. Parlare di Ucraina ("non si può incolpare solo la Russia") e sanzioni ("sono una perdita per tutti") è stata occasione anche per esprimere l’auspicio del ripristino di «relazioni a pieno titolo» con la Ue, anche grazie ai nuovi vertici dell’Unione, come la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, nonostante le sue dichiarazioni spesso critiche delle politiche russe, in passato. A una domanda diretta sulla posizione del vice premier Matteo Salvini, che è apparso essere meno perentorio nella difesa della Russia dopo la sua visita negli Usa, Putin si è limitato a ringraziare il governo italiano per cercare di ricucire la distanza creatasi tra Mosca e la Ue e ha detto di non avere «pretese», perchè capisce che l’Italia ha degli obblighi legati alla sua appartenenza all’Unione. Un passaggio anche sulla guerra dei dazi tra Usa e Cina: «Vogliamo sia raggiunto un accordo, che soddisfi» sia Cina che Usa in campo commerciale, perchè in caso contrario crollerà il Pil mondiale».

Sul Venezuela, infine, non ha risparmiato il monito che va ripetendo dall’inizio della crisi, che «ogni intervento militare» nel Paese sudamericano è «inaccettabile». Il leader del Cremlino, sostenitore strenuo del presidente Nicolas Maduro, non ha risparmiato il sarcasmo all’oppositore Juan Guaidò: «E' sceso in piazza, ha alzato gli occhi al cielo e si è rivolto a Dio, dichiarandosi presidente, ma noi non abbiamo ancora saputo come ha risposto il Signore».

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