H. Ross Perot, il miliardario texano fatto da sè che fu per due volte candidato alla presidenza degli Stati Uniti, è morto a 89 anni in Texas dopo una bagaglio di cinque mesi con la leucemia.
Pioniere dell’industria dei computer con la Electronic Data Systems Corp. che aveva fondato nel 1962, Perot fece da terzo incomodo nella corsa presidenziale del 1992 tra il capo della Casa Bianca uscente George H. W. Bush e Bill Clinton con un messaggio populista dai toni che oggi si direbbero trumpiani ante litteram.
In quell'occasione, pagando di tasca sua oltre 12 milioni di dollari per farsi campagna, Perot conquistò quasi il 19% dei voti degli elettori ma nessun voto elettorale. Tornò candidarsi senza successo nel 1996 ricevendo solo l’8 per cento dei consensi.
Con la scomparsa, a 89 anni, di Henry Ross Perot, se ne va uno dei personaggi che maggiormente hanno anticipato i tempi della politica americana negli ultimi trent'anni: fu lui, infatti, a portare nell’immaginario collettivo l’idea che un miliardario avulso dalla vita politica, e fuori dalle regole, potesse andare alla Casa Bianca e travolgere i ritmi e i consolidati equilibri di Washington.
Perot scompare nel momento in cui essere miliardari e fare politica è naturale: il presidente degli Stati Uniti è il tycoon Donald Trump, tra i democratici, da mister Starbucks, Howard Hughes, a Michael Bloomberg, molti super ricchi hanno accarezzato l’idea di candidarsi. O continuano a farlo. Proprio oggi tra i Dem si è aggiunto ufficialmente un altro candidato, il ventunesimo, Tom Steyer, uomo con un patrimonio personale da 1,6 miliardi di dollari creato con la sua società di gestione fondi.
Ross Perot resterà il miliardario texano venuto fuori dalla povertà e arrivato a correre per due volte per la Casa Bianca come candidato di un terzo partito. Da bambino, in Texas, aveva cominciato a consegnare giornali in sella a un pony, ma i miliardi li fece nell’era moderna, quando con i mille dollari prestati dalla moglie fondò, nel '62, la Electronic Data Systems Corporation, una compagnia che avrebbe garantito assistenza alle aziende agli albori dell’era dei computer.
Gli eventi che lo resero davvero famoso furono, però, due: il suo tentativo, nel '69, di consegnare cibo ai prigionieri americani in Vietnam, un episodio che ebbe il merito di far uscire dall’ombra la condizione dei prigionieri di guerra. E quando, nel '79, finanziò un commando perchè liberasse due suoi dipendenti tenuti prigionieri in Iran. Quella storia ispirò un libro di Ken Follett e un film. Dopo aver venduto, nell’84, la sua azienda alla General Motors, incassando la cifra record di 2,5 miliardi di dollari, otto anni dopo, a sorpresa, Ross Perot annunciò durante un’intervista in diretta a Larry King, sulla Cnn, la sua candidatura alle presidenziali del '92. Rispetto a Ronald Reagan, l’ex star di Hollywood ma con esperienza da governatore della California, la figura di un miliardario con il sogno di guidare gli Stati Uniti sparigliò le carte.
Ross Perot conquistò il 18% dei voti, arrivò terzo, dietro Bill Clinton e George Bush senior. Il suo successo, secondo gli storici, risultò decisivo per la sconfitta del presidente repubblicano. Quattro anni dopo, Ross Perot ci riprovò, ricevendo l’8% dei voti. Clinton venne rieletto.
Da quel momento, il miliardario texano uscì di scena, per concentrarsi su opere di beneficenza e filantropia, come la creazione del museo di scienze naturali a Dallas. Ma è sempre rimasto per gli americani il miliardario che sognava la Casa Bianca. A marzo 2019 Forbes lo aveva inserito al numero 478 della lista degli americani più ricchi, con un patrimonio di 4,1 miliardi di dollari. All’inizio dell’anno gli era stata diagonisticata una forma aggressiva di leucemia.
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