Schizza alle stelle la tensione nel Golfo. I Pasdaran, le guardie della Rivoluzione iraniana, hanno annunciato in serata di aver sequestrato una petroliera britannica con 23 persone a bordo nello Stretto di Hormuz. Si tratta della Stena Impero, e la conferma è arrivata anche da Londra - con il governo britannico che ha ammesso di aver perso i contatti con il tanker - e dalla società armatrice Stena Bulk.
La presa in ostaggio della petroliera britannica arriva all’indomani dell’annuncio, sempre dei Pasdaran, del sequestro dell’emiratina Riah, accusata di contrabbando di petrolio, mentre Gibilterra ha prolungato oggi di un mese il fermo dell’iraniana Grace 1, già bloccata da due settimane per presunte violazioni delle sanzioni Ue alla Siria.
La 'guerra delle petroliere' insomma rischia pericolosamente di precipitare in un conflitto più esteso, con il presidente americano Donald Trump che ha parlato di Iran al telefono con l'omologo francese Emmanuel Macron e che ha avvertito Teheran di non fare «nulla di stupido», altrimenti «pagherà un prezzo che nessun altro ha mai pagato». Il monito dell’inquilino della Casa Bianca segue tra l’altro il botta e risposta di queste ore sul presunto drone iraniano abbattuto, asserito dagli americani e smentito dalla Repubblica islamica.
«Non abbiamo perso alcun drone nello stretto di Hormuz né altrove. Temo che la Uss boxer abbia abbattuto un loro drone per sbaglio!», è stata la risposta sprezzante del viceministro degli Esteri Abbas Araghchi all’annuncio che era arrivato direttamente da Trump.
«Nonostante le affermazioni deliranti e senza fondamento di Trump, tutti i droni nel Golfo Persico e nello stretto di Hormuz, compreso quello a cui fa riferimento il presidente americano, sono rientrati in sicurezza alle loro basi», ha insistito anche il generale di brigata Abolfazl Shekarchi, portavoce delle forze armate di Teheran, mentre le Guardie della rivoluzione hanno pubblicato le immagini del drone prima e dopo il momento del presunto abbattimento, in modo da smentirlo una volta per tutte.
Per il Parlamento iraniano, Trump sta solo cercando di «creare tensioni». Una guerra psicologica che non conosce sosta. Nel frattempo, gli Usa hanno emesso nuove sanzioni contro 12 tra entità e individui basati in Iran, Belgio e Cina legati alle attività di proliferazione nucleare della società iraniana Tesa. Complici tutte queste tensioni, le quotazioni del petrolio sono tornate a salire, mentre quelle dell’oro hanno toccato i massimi da sei anni. Ma anche la diplomazia continua a lavorare.
Prima di concludere la sua missione all’Onu, il ministro degli Esteri della Repubblica islamica Mohammad Javad Zarif ha incontrato il segretario generale Antonio Guterres. La proposta del capo della diplomazia di Teheran e architetto dell’accordo del 2015 è il rafforzamento dei controlli sul programma nucleare in cambio del ritiro delle sanzioni americane.
Un’idea subito apprezzata dalla Cina, secondo cui l’Iran mostra di «cercare una compromesso». Le spinte a una mediazione continuano anche dall’Europa, sempre stretta tra due fuochi. Mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel plaude agli sforzi di Emmanuel Macron, il suo ministro degli Esteri Heiko Maas sottolinea «che c'è un forte pericolo di escalation».
E anche l’Italia insiste sull'importanza di abbassare le tensioni: «Siamo attenti a un rischio di aumento della situazione di crisi perché è un’area a noi estremamente vicina - ha detto il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi - che tocca direttamente interessi non solo di tipo politico e strategico, ma interessi anche economici e commerciali».
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