Una missione a guida Ue per proteggere le navi che attraversano lo Stretto di Hormuz. Nelle ultime ore prima del cambio al vertice, il governo britannico lancia la sua risposta all’Iran dopo il sequestro venerdì della petroliera Stena Impero all’imboccatura del Golfo Persico.
Mentre dall’altra parte dell’Oceano il presidente americano Donald Trump definisce «più difficile» oggi un eventuale
negoziato con Teheran, il ministro degli Esteri di Londra Jeremy Hunt riferisce a Westminster sulla crisi della nave cisterna bloccata dai Pasdaran e annuncia un piano i cui termini restano però tutti da definire, a partire dai Paesi partecipanti e dalle regole d’ingaggio di un’eventuale missione, su cui anche Washington aveva annunciato di essere al lavoro. Il Regno assicura di non cercare lo scontro con la Repubblica islamica e voler restare in linea con i partner europei francesi e tedeschi sul mantenimento dell’accordo sul nucleare, ma definisce il blocco della sua nave cisterna come un «atto di pirateria di stato».
Al termine della riunione del comitato Cobra per le emergenze, il portavoce del governo di Theresa May aveva già
denunciato un sequestro «sotto pretesti falsi e illegali», chiedendo che la Stena Impero venga «rilasciata immediatamente con il suo equipaggio». Opposta resta la versione di Teheran, che replica a sua volta con il portavoce del governo: «È stata una misura legale presa» per assicurare «la sicurezza regionale. A tutti i Paesi che stanno chiedendo all’Iran di rilasciarla, chiediamo di domandare la stessa cosa alla Gran Bretagna» per la petroliera iraniana Grace 1, fermata a Gibilterra a inizio luglio.
Intanto, alla guerra delle petroliere si aggiunge la guerra delle spie, che apre un nuovo fronte nello scontro tra Iran e Usa. Teheran ha dichiarato oggi di aver arrestato negli ultimi mesi 17 spie locali addestrate dalla Cia, alcune delle quali sono state già condannate a morte. Una notizia «totalmente falsa», secondo Trump. «Zero verità. Solo altre bugie e propaganda (come sul loro drone abbattuto) diffuse da un regime religioso che sta fallendo malamente e non ha idea di cosa fare. La loro economia è morta e peggiorerà molto. L’Iran è un caos totale», ha twittato il tycoon.
Secondo la ricostruzione iraniana, invece, questi 007 avrebbero spiato «centri sensibili e vitali» nel Paese, tra cui centrali nucleari e siti militari. Gli arrestati «lavoravano come consulenti o fornitori», ha spiegato in una conferenza stampa il direttore del dipartimento di controspionaggio. Un’operazione legata ai rapporti del ministero dell’intelligence del 18 giugno scorso sulla scoperta e lo smantellamento di una rete di cyber-spionaggio. Le 17 spie, tra cui almeno una donna, avrebbero agito separatamente e non avrebbero avuto legami tra loro. Ai presunti infiltrati, che risulterebbero in contatto con funzionari delle ambasciate americane in Turchia, India, Austria e Zimbabwe, sarebbero stati promessi visti e impieghi negli Stati Uniti. Ma alla fine alcuni sarebbero passati al controspionaggio iraniano.
Si tratta di una nuova operazione rivendicata dall’Iran, che ad aprile aveva fatto sapere di aver identificato un gruppo di 290 agenti della Cia attivi in tutto il mondo, informandone anche i governi interessati. «Il regime iraniano ha una lunga storia di bugie. Prenderei con un significativo grano di sale ogni dichiarazione sulle azioni che hanno compiuto», è stata la reazione del segretario di Stato americano Mike Pompeo, ricordando che comunque «c'è una lunga lista di americani su cui stiamo lavorando per riportarli a casa dall’Iran».
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