Mentre a Vienna riprendono i negoziati con gli europei nel tentativo di salvare l’accordo sul nucleare, l’Iran cerca di aumentare le pressioni sulla controparte dicendosi pronto a fare un altro passo verso la ripresa delle sue attività, con il riavvio della centrale ad acqua pesante di Arak, capace di produrre plutonio.
Nel frattempo Israele fa sapere di avere segretamente condotto in Alaska in collaborazione con gli Usa tre test del
missile "Arrow-3", destinato a rafforzare le sue difese. «Adesso - ha detto il premier Benyamin Netanyahu - disponiamo della capacità di agire contro missili balistici che fossero lanciati contro di noi dall’Iran o da altre località. Sappiano i nostri nemici che avremo il sopravvento su di loro, sia nella difesa sia nell’attacco». Anche Donald Trump, citato dall’ambasciatore Usa in Israele, si è felicitato per il successo del test. «Il risultato - ha detto il presidente americano - è stupefacente. Siamo molto fieri della nostra cooperazione con Israele».
Da parte sua l’Iran non ha annunciato ufficialmente l'intenzione di riaprire il reattore di Arak, ma ha fatto trapelare la notizia proprio nel giorno di un incontro a Vienna, a livello di funzionari, fra Teheran e gli altri Paesi firmatari
dell’intesa del 2015 sul nucleare, da cui gli Stati Uniti si sono ritirati nel maggio dell’anno scorso. Presenti quindi i
rappresentanti di Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania. Ma è soprattutto ai tre Paesi europei che la
Repubblica islamica chiede di agire con più decisione per salvare l’accordo, permettendo all’Iran di riprendere le sue
esportazioni petrolifere, fortemente ridotte a causa delle sanzioni imposte dagli americani. Una tappa intermedia quella di oggi, che il capo della delegazione iraniana, il vice ministro degli Esteri Abbas Araghchi ha definito «costruttiva».
La notizia della prossima ripresa dell’attività ad Arak è stata data dall’agenzia Isna citando un deputato presente ad una riunione parlamentare con il capo dell’Agenzia atomica nazionale, Ali Akbar Salehi. In questa sede Salehi avrebbe fatto l'annuncio, confermando così l’intenzione di continuare nella politica inaugurata nel maggio scorso da Teheran di oltrepassare gradualmente una serie di limiti posti dall’intesa del 2015 con l'obiettivo di convincere appunto gli europei ad impegnarsi maggiormente per contrastare la politica di "massima pressione" portata avanti da Trump contro l’Iran.
Continua intanto la "guerra delle petroliera" in atto da diverse settimane sulle più importanti rotte energetiche globali, sullo sfondo del braccio di ferro fra Usa e Iran. Il Regno Unito ha annunciato l’invio nel Golfo di un’altra nave da guerra, il cacciatorpediniere Duncan, che si aggiunge alla fregata Montrose, per proteggere le navi civili, dopo che la settimana scorsa le Guardie della Rivoluzione iraniane hanno sequestrato la petroliera britannica Stena Impero in seguito al blocco della petroliera iraniana Grace I da parte di forze speciali britanniche a Gibilterra. Decisa la reazione di Teheran: «La presenza di forze straniere non porterà sicurezza, ma al contrario farà aumentare le tensioni nella regione del Golfo Persico», ha affermato il presidente Hassan Rohani.
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