Ucraina e Russia hanno compiuto il primo, attesissimo, passo per riprendere il difficile dialogo e provare a trattare: si sono scambiate una settantina di prigionieri, 35 per parte, imbarcati su due aerei che quasi contemporaneamente sono decollati dalle rispettive capitali. Un 'primo passo per la pacè, si è affrettato a commentare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, salutato come un importante gesto di disgelo da tutta la comunità internazionale.
Dal presidente Trump alla cancelliera Merkel, passando per l'Unione Europea e la Nato, i commenti positivi si sono rincorsi da una parte all’altra del Pianeta. Con la Farnesina che parla di un segnale per «ricostruire la fiducia e rilanciare il dialogo». Dopo lunghi negoziati, Mosca e Kiev hanno messo così momentaneamente da parte le inimicizie con Zelensky che vede spiragli per «la fine della guerra» nel Donbass, anche se la strada verso la pace è ancora lunga e irta di ostacoli e molto dipende dal Cremlino, che sostiene militarmente i separatisti. Tra i prigionieri liberati ci sono i 24 marinai ucraini catturati dai russi lo scorso anno dopo uno scontro armato al largo della Crimea.
E c'è il regista Oleg Sentsov, che in Russia era stato condannato a 20 anni di reclusione in un processo che molti osservatori ritengono di matrice politica. Sentsov era stato accusato di aver tentato di «organizzare atti terroristici» in Crimea, ma tanti ritengono che dietro la severa sentenza vi fosse semplicemente l’avversione dell’artista all’occupazione da parte di Mosca della penisola in cui è nato. Per questo l’anno scorso Sentsov aveva fatto uno sciopero della fame di quasi cinque mesi contro la sentenza che riteneva ingiusta chiedendo la sua scarcerazione e quella di altri 64 ucraini rinchiusi nelle prigioni russe. Ad attendere gli ucraini all’aeroporto Borispyl di Kiev c'era Zelensky, che ha abbracciato e stretto la mano alle persone appena tornate in libertà.
Per il nuovo capo di Stato ucraino è un’importante vittoria politica: l’ex cabarettista è stato eletto promettendo di fare tutto il possibile per mettere fine alla guerra e dicendosi disposto a dialogare con Putin pur di raggiungere il suo (ancora lontano) obiettivo. Mentre gli ucraini scendevano dall’Antonov messo a disposizione dal governo di Kiev, a Mosca la tv di Stato riprendeva lo sbarco dei prigionieri russi che avevano appena fatto il viaggio inverso: dalle carceri ucraine all’aeroporto Vnukovo di Mosca. Tra i rilasciati c'è il giornalista russo-ucraino Kirill Vyshinskiy, a capo della redazione di Kiev dell’agenzia di stampa russa Ria Novosti e accusato dalle autorità ucraine di alto tradimento.
Ma il personaggio più controverso tra quelli tornati in libertà è sicuramente Volodymyr Tsemakh: un separatista filorusso considerato un testimone chiave della strage del Boeing malese, l’MH17, abbattuto nel luglio del 2014 da un missile russo nel Donbass in guerra. Tsemakh pare che allora comandasse un’unità antiaerea proprio nell’area della sciagura in cui morirono 298 persone, per lo più turisti olandesi e australiani.
Per questo alcuni sospettano che il miliziano sia direttamente implicato nella vicenda. Tutti gli indizi finora raccolti sulla tragedia puntano al Cremlino, eppure la Russia continua a negare ogni responsabilità e pare che avesse posto la scarcerazione di Tsemakh come conditio sine qua non per lo scambio. Il team internazionale a guida olandese che indaga sul disastro del Boeing malese aveva invece chiesto esplicitamente a Kiev di non permettere a Tsemakh di andare in Russia perché altrimenti sarebbe stato impossibile interrogarlo. Per questo i Paesi Bassi hanno espresso rammarico per la scarcerazione del miliziano. In ogni caso, stando ad alcune fonti, gli investigatori avrebbero avuto modo di interrogare Tsemakh prima che fosse liberato.
Caricamento commenti
Commenta la notizia