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Caos in Spagna: nessuno può formare il governo, si torna al voto

Re Felipe VI e Pedro Sanchez

La Spagna torna al voto per la quarta volta in quattro anni. Dopo le consultazioni in extremis delle ultime 48 ore con i principali leader politici, re Felipe VI non ha potuto fare altro che constatare l’assenza di una forza in grado di formare un governo.

A nulla hanno portato questi mesi di negoziati tra il leader dei socialisti e premier incaricato Pedro Sanchez - uscito vincitore dal voto del 28 aprile ma senza la maggioranza necessaria - e il capo di Podemos Pablo Iglesias. Lunedì prossimo, il 23, re Felipe scioglierà le Camere e il 10 novembre gli spagnoli dovranno recarsi di nuovo ai seggi.

Solo pochi giorni fa, Sanchez aveva presentato la sua ultima proposta a Podemos per convincerlo a sostenere un governo monocolore ma senza offrirgli incarichi nel Consiglio dei Ministri. Ed è proprio questo uno dei motivi, secondo gli analisti, che hanno portato Iglesias a rifiutare un accordo.

Il leader della formazione di sinistra ha infatti chiesto a più riprese ruoli chiave o comunque all’interno dell’esecutivo e ad un certo punto aveva anche fatto un passo indietro - escludendo quindi un incarico di peso per sé - pur di guadagnare terreno in questa direzione.

Sanchez si è mostrato però irremovibile, anche rispetto all’ultima proposta di Iglesias che nelle settimane scorse aveva ipotizzato la formazione di una coalizione di governo temporanea per approvare intanto la legge di bilancio. Un’opzione esclusa però dai socialisti. E Sanchez non è riuscito a stringere un accordo per formare un governo di coalizione neanche con le altre due principali forze politiche, i popolari di Pablo Casado e e Ciudadanos di Albert Rivera.

Quest’ultimo sembrava aver aperto uno spiraglio ieri quando aveva dato la disponibilità ad astenersi «se fossero state soddisfatte certe condizioni» tra le quali la promessa di non alzare le tasse e il pugno di ferro contro gli indipendentisti catalani. Ma neanche 24 ore dopo l’offerta era stata ritirata da Rivera che ha definito la riposta di Sanchez una «presa in giro».

«Vuole i voti dei nostri partiti senza dare nulla in cambio. Se ci costringerà a votare di nuovo, il problema di questo paese avrà un nome: Pedro Sanchez», ha dichiarato il leader di Ciudadanos dopo il suo colloquio con re Felipe. «Vuol essere primo ministro in cambio di nulla, non credo che questa sia la cosa più ragionevole», ha incalzato Iglesias.

«Il Paese è destinato a tornare al voto il 10 novembre», ha dichiarato alla stampa Sanchez in serata ammettendo che «il risultato delle consultazioni è chiaro: non c'è alcuna maggioranza alla camera dei deputati in grado di garantire la formazione di un governo».

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