Aveva 8 anni, Agatha Vitoria Sales Felix, quando una pallottola sparata l’ha uccisa in una favela di Rio de Janeiro nel corso di un’operazione della polizia militare contro la criminalità.
La sua morte sta suscitando indignazione tra le fasce più povere della popolazione della città brasiliana e tra i sostenitori dei diritti civili, sempre più preoccupati dalla disinvoltura con cui gli agenti cercano di catturare i criminali sparando tra la folla e senza curarsi del rischio di fare vittime innocenti.
Nella circostanza che ha visto la piccola Agatha perdere la vita, peraltro, non vi sarebbe stato nemmeno quello scontro a fuoco che la polizia ha addotto a giustificazione dell’uso delle armi. Gli agenti, ha affermato la famiglia della bambina, la quinta minorenne morta a Rio in un’azione del genere dall’inizio dell’anno, hanno sparato contro un motociclista del quale erano all’inseguimento.
La polizia militare «ha aperto una indagine», ha affermato l’ufficio del governatore, indicando, però, che tutto è accaduto mentre gli agenti rispondevano a «un attacco simultaneo in diversi luoghi» della favela da parte di in gruppo criminale.
Da parte loro, sia Amnesty international sia il Difensore civico locale hanno sottolineato l’impatto negativo della mano brutale voluta dal governatore Wilson Wtizel contro i delinquenti, messa in atto anche a costo della perdita di vite di civili.
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