Una nuova tregua di 150 ore nel nord della Siria per allontanare le milizie curde da tutto il confine turco. Pattugliamenti congiunti tra Turchia e Russia alla frontiera. Mantenimento del controllo di Ankara sull'area in cui ha condotto l’operazione militare Fonte di Pace, da cui i curdi hanno completato stasera il ritiro, alla scadenza dei cinque giorni del cessate il fuoco concordato da Turchia e Usa.
Dopo una maratona negoziale di quasi sette ore a Sochi, Recep Tayyip Erdogan annuncia un «accordo storico» con il suo «caro amico» Vladimir Putin: Ankara e Mosca «non permetteranno alcuna divisione del territorio siriano», mentre la Turchia potrà ottenere il definitivo allontanamento della «minaccia curda». «Una decisione significativa, che potrebbe essere una svolta nella situazione di confine tra i due Paesi», la definisce dal canto suo Putin.
Di fatto, una spartizione in zone d’influenza. Il memorandum in 10 punti prevede anzitutto che «lo status quo stabilito nell’area dell’attuale Operazione Fonte di Pace tra Tal Abyad e Ras al Ayn, con una profondità di 32 km, verrà preservato». Erdogan si garantisce dunque che almeno per il momento non ci saranno interferenze del regime di Bashar al Assad nel suo piano per la creazione di una fascia di sicurezza lunga 120 km.
«L'area che abbiamo messo al sicuro con l'operazione militare - ha ribadito stasera il presidente turco - potrà accogliere inizialmente un milione di rifugiati siriani e successivamente un altro milione» dei 3,6 milioni attualmente ospitati in Turchia. Il nodo più delicato riguardava il resto del confine dove sono presenti i curdi, a est e ovest dell’area attaccata dall’esercito di Ankara, che comprende località strategiche come Manbij e Kobane, la città simbolo della resistenza all’Isis.
«Dalle 12 locali di domani (le 11 in Italia) la polizia militare russa e le guardie di frontiera siriane entreranno nell’area di confine con la Turchia in territorio siriano, al di fuori dell’area dell’operazione militare turca, per facilitare entro 150 ore l’evacuazione delle milizie curde Ypg da un’area di 30 km dal confine». «A quel punto», dopo questa fase di tregua, «Turchia e Russia condurranno pattugliamenti congiunti fino a 10 km entro il territorio siriano».
Resta esclusa Qamishli, la 'capitale' dei curdi siriani, dove risiedono decine di migliaia di civili. Il compromesso raggiunto stasera permette di fatto a Erdogan di sbandierare la messa in sicurezza dei confini e a Putin di fermare ulteriori offensive turche. L’operazione turca «cessa: tutto dipenderà dalla misura in cui saranno attuate le intese, comprese quelle per il ritiro degli armamenti e delle forze dei reparti curdi», ha confermato il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov.
Su queste basi, hanno sottolineato entrambi, tra una settimana i 150 membri della Commissione costituzionale - scelti nel quadro dei negoziati di Astana con il convitato di pietra di stasera, l’Iran - potranno sedersi al tavolo di Ginevra per iniziare a discutere il futuro assetto della Siria, nel rispetto della sua «sovranità territoriale e unità politica».
L’intesa giunge dopo che Assad era tornato a farsi vedere sulla linea del fronte a Idlib. Dopo essersi fatto immortalare tra le sue truppe, il presidente siriano aveva lanciato parole di fuoco verso il leader turco, definendolo un «ladro» che «ha rubato fabbriche, grano e petrolio e oggi ruba la terra». Mentre a Sochi si trattava, al confine proseguiva il frenetico ritiro delle milizie delle Forze democratiche siriane a guida curda.
A confermarne agli Usa il suo completamento è stato in serata il comandante Mazlum Abdi, dopo che stamani Erdogan aveva parlato di circa 1.300 combattenti ancora presenti nella 'safe zone', minacciando di riprendere se necessario «l'operazione in modo ancora più determinato». I «terroristi» che dovessero trovarsi ancora nell’area, ha avvertito la Difesa turca, verranno «neutralizzati».
Si attendono ora le reazioni dei principali attori internazionali, a partire dagli Stati Uniti. La tregua strappata giovedì scorso ha retto e il segretario di Stato Mike Pompeo ha assicurato che se ora il cessate il fuoco diverrà definitivo saranno tolte anche le ultime sanzioni imposte da Donald Trump.
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