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Trudeau si conferma premier in Canada ma con un governo di minoranza

«Da una costa all’altra i canadesi hanno respinto la divisione e la negatività, i tagli e l'austerità, e hanno votato per un’agenda progressista e un’azione ancora più forte contro il cambiamento climatico. Il mandato è chiaro: andare avanti nella consapevolezza che è sempre possibile fare meglio».

È notte fonda quando il premier canadese Justin Trudeau spunta sorridente con la moglie Sophie nel suo quartier generale al Palais des congrès di Montréal. «Altri quattro anni», gridano i suoi fan tirando un sospiro di sollievo dopo una corsa che i sondaggi davano testa a testa.

La tv pubblica Cbc ha appena certificato con le sue proiezioni l'esito di un’elezione molto tesa: il leader del partito liberale (Lpc) ha vinto la sfida contro i conservatori (Cpc) di Andrew Scheer, anche se ha perso la maggioranza assoluta e sarà quindi costretto ad un più precario governo di minoranza, che da queste parti non è inusuale (a differenza del governo di coalizione) e dura in media un paio d’anni.

Le trattative sono già iniziate con il New Democratic Party (Ndp), che spingerà l’esecutivo più a sinistra, anche sul fronte ambientale: è ciò che più temeva l’industria dell’energia. Il suo leader JagMeet Singh ha detto oggi in una conferenza stampa che resta contrario all’oleodotto Trans Mountain acquistato dal governo Trudeau, chiedendo «un’azione vera sul clima».

«Spero che il premier rispetti il fatto che ora c'è un governo di minoranza, dobbiamo lavorare insieme», ha avvisato, dettando come «priorità chiare» la sanità, la casa, il debito degli studenti. Intanto sono già arrivate via Twitter le congratulazioni dei leader populisti dei due maggiori Paesi alleati, politicamente agli antipodi: Boris Johnson e Donald Trump, che si è complimentato «per una vittoria meravigliosa e molto combattuta. Il Canada sarà ben servito».

Trudeau conquista 157 dei 338 seggi della House of Commons, sotto quindi la fatidica soglia dei 170 deputati necessari per governare da solo. Il premier perde ben 27 scranni rispetto al 2015, facendo pagare al partito il prezzo dei recenti scandali che ne hanno offuscato l’immagine, dalla pressioni per salvare il colosso canadese Snc-Lavalin in un’inchiesta per corruzione sino alle vecchie immagini caricaturali che lo ritraggono con la faccia dipinta di nero.

Un arretramento confermato anche dal voto popolare, sceso dal 39,5% di quattro anni fa al 33,1%, dietro ai conservatori (34,4%). Questi ultimi hanno fatto senza dubbio un balzo in avanti, strappando 121 seggi contro i 97 delle precedenti elezioni (+24). Ma non sono riusciti nell’impresa di dare il colpo del ko perché anche qui, come negli Usa, si può perdere pur vincendo il voto popolare se non si riesce a tradurlo in vittorie nei seggi uninominali. Pare, secondo alcuni esperti, che i canadesi ci abbiano ripensato nel weekend.

Non tanto perdonando a Trudeau scandali e gaffe che hanno danneggiato la sua immagine progressista quanto pensando che fosse l’opzione 'meno peggiore' di fronte ad uno scialbo leader conservatore non in sintonia con gran parte del Paese sulle questioni sociali, dall’aborto alle nozze gay sino all’immigrazione. La sorpresa delle urne è stato il Bloc Quebecois di Yves-Francois Blanchet, il partito separatista che correva solo nel francofono Quebec, dove ha più che triplicato il numero dei seggi - da 10 a 32 - diventando il terzo partito nonostante il suo 7,7%.

I Verdi (6,5%) sono saliti da 1 a 3 seggi, mentre il partito popolare (Ppc) di destra di Maxime Bernier non ne ha preso neppure uno. Flop infine del Ndp che, a dispetto del suo 15,9%, ha quasi dimezzato la sua pattuglia da 40 a 24 deputati. Ma il suo carismatico leader col turbante sick, JagMeet Singh, diventerà il kingmaker del futuro governo.

E Trudeau dovrà dimostrare tutta la sua abilità di negoziatore per evitare le imboscate di un voto di sfiducia, giocando su più tavoli in un Paese più diviso dopo il voto. Non a caso nel suo discorso ha invocato l’unità e promesso di «ascoltare di più la voce del Quebec», dove ha trionfato il blocco nazionalista, e la «frustrazione» delle province occidentali dell’Alberta e del Saskatchewan, totalmente in mano ai conservatori.

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