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Barcellona, violentano a turno una 14enne: per il giudice non è stupro

In cinque violentarono a turno una quattordicenne stordita da droghe e alcol, ma per il tribunale di Barcellona fu solo un abuso e non violenza sessuale perché la ragazza, in stato di incoscienza, non oppose resistenza e non fu dunque né picchiata né minacciata.

I giudici catalani hanno emesso ieri la sentenza shock, fotocopia di quella emessa un anno fa per un caso analogo, riaccendendo le proteste dei movimenti per i diritti delle donne e l’indignazione della società civile per una legge considerata dai più arcaica e sessista, indegna di un Paese civile. La sua riforma, allo studio da tempo, stenta a vedere la luce, in una Spagna ormai da mesi senza un governo stabile e segnata dal conflitto catalano.

La legge attualmente in vigore prevede condanne da 15 a 20 anni per violenza sessuale, ma il reato viene riconosciuto solo se la vittima sia costretta con la forza o minacciata. Lo stato di incoscienza, che molti Stati considerano un’aggravante in quanto l’aggressore approfitta di una persona in condizione di massima fragilità, diventa invece così un motivo per configurare un semplice abuso, punito nel caso di Barcellona con condanne tra i 10 e i 12 anni ma che lo scorso anno, a Pamplona, portò addirittura al rilascio degli imputati

Il branco giudicato ieri, che i media spagnoli chiamano 'la Manada di Manresà, dal luogo dove avvenne il fatto, agì in questo modo: la giovane, all’epoca 14enne, stava partecipando nel 2016 ad una festa in una fabbrica abbandonata a Manresa, cittadina al centro della Catalogna, quando, stordita da alcol e droghe, queste ultime forse somministratele di nascosto, seguì un giovane in un edificio appartato dove l’attendevano altri uomini.

Dopo averla violentata, il primo giovane invitò gli altri a fare lo stesso, dicendo loro: «Ora tocca a te, ma 15 minuti, non di più». La minore, durante il processo, ha detto di essere stata drogata di proposito e di ricordare poco dell’accaduto, ma in un messaggio telefonico alla sua migliore amica si diceva certa di aver subito le violenze, avvenute peraltro davanti a testimoni.

Al processo è emerso che gli aggressori erano a conoscenza della minore età della ragazza, e nella sentenza si sottolinea che la ragazza era in stato di incoscienza e che per questo non fu in grado di ribellarsi alla situazione, definita «estremamente intensa e denigrante». Tuttavia il giudice ha deciso una condanna minore per gli imputati, assolvendoli tra l’altro dall’accusa di ostruzione alla giustizia dopo che diversi testimoni avevano riferito di essere stati minacciati per costringerli al silenzio.

Assolto da tutto per non aver partecipato agli eventi un sesto imputato. Anni fa era stato un tribunale della Navarra, la regione di Pamplona, ad applicare alla lettera la contestata legge per un fatto avvenuto nello stesso 2016: cinque giovani andalusi avevano spinto in un portone una ragazza incontrata durante la festa di San Fermin, violentandola e lasciandola in terra paralizzata dallo shock, non prima di aver filmato le violenze per mandare il video agli amici.

I cinque della 'manada di Pamplona' furono condannati a 9 anni con le stesse motivazioni di Barcellona, e rimessi in libertà su cauzione dopo due. Nel giugno scorso, tuttavia, la Corte suprema spagnola aveva rivisto la sentenza, riconoscendo la violenza e condannando il branco a 15 anni di carcere.

Una sentenza storica che il tribunale di Barcellona ha però ignorato, sollevando le critiche non solo delle femministe ma anche del governo spagnolo, della Generalitat catalana e delle stesse associazioni dei giuristi, secondo le quali la riforma del codice penale non può più attendere.

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