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Trump firma il ritiro Usa dall'accordo di Parigi sul clima

Gli Usa hanno notificato formalmente all’Onu l’uscita dall’accordo di Parigi sul clima, diventando l’unico Paese al mondo che non partecipa al patto e rinnovando l’ondata di critiche della comunità internazionale.

Donald Trump lo ha fatto nel primo giorno utile, ossia dopo i primi tre anni previsti dalla firma, ma il processo durerà un anno e si concluderà il 4 novembre 2020, il giorno dopo le elezioni presidenziali. Questo significa che la lotta al climate change diventerà uno dei temi forti della campagna per la Casa Bianca e che, se vincerà il candidato democratico, gli Stati Uniti potranno rientrare nell’accordo dopo il passaggio di consegne a gennaio: al nuovo presidente basteranno 30 giorni per fare marcia indietro. La decisione è quindi nelle mani degli elettori.

Il tycoon, che ha già smantellato l’eredità verde di Barack Obama, continua ad essere quantomeno scettico sull'emergenza climatica e sulle sue cause, nonostante gli ormai cronici incendi della California e la conferma che gli ultimi sono stati i cinque anni più caldi di sempre. Trump resta inoltre convinto che l’intesa penalizzi la crescita dell’economia e dell’occupazione in Usa, mentre altri Paesi rivali come la Cina e l’India non hanno gli stessi impegni che Obama aveva assunto per gli Stati Uniti.

La prima risposta alla sua mossa è arrivata dai presidenti francese Emmanuel Macron e cinese Xi Jinping, che firmeranno domani a Pechino un documento comune sulla "irreversibilità" dell’accordo di Parigi sul clima del 2015. «Ci rammarichiamo e questo non fa che rendere la partnership franco-cinese sul clima e la biodiversità ancora più necessaria», ha osservato l’Eliseo.

Rammarico anche dalla Ue, ma «per noi l’uscita di uno dei principali partner non cambia niente, perché tutti gli altri restano impegnati e andiamo avanti col lavoro per la Cop25» di Madrid, ha commentato la portavoce della Commissione europea, Mina Andreeva. «L'intesa ha fondamenta forti e resterà. Le sue porte rimarranno aperte e speriamo che un giorno gli Stati Uniti le varchino di nuovo», ha aggiunto. Auspicio condiviso in una nota congiunta dalle ministre spagnola e cilena all’ecologia, Teresa Ribera e Carolina Schmidt, alla vigilia del vertice Onu sul clima a Madrid in dicembre, di cui il Cile mantiene la presidenza. Ma per Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino, «il ritiro degli Stati Uniti comprometterà sostanzialmente l’accordo perché è un Paese che è davanti alle altre nazioni in termini di emissioni. E’ molto difficile parlare di un accordo sul clima senza la più grande economia del mondo».

Intanto oltre 11.000 ricercatori di 153 Paesi, tra cui circa 250 italiani, lanciano l’ennesimo allarme in uno studio sulla rivista BioScience: la Terra è in piena «emergenza climatica» e "indicibili sofferenze umane" saranno inevitabili senza cambiamenti profondi e duraturi nelle attività umane che contribuiscono alle emissioni di gas serra e ai cambiamenti climatici. Poco tempo fa gli esperti dell’Onu hanno ammonito che ci resta poco tempo per invertire la rotta: 12 anni.

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