Un durissimo scontro fra migliaia di 'cocaleros' sostenitori del presidente dimissionario Evo Morales e le forze di sicurezza boliviane nel dipartimento di Cochabamba (Bolivia centrale) ha causato la morte di almeno 9 persone e il ferimento di altre 130, rafforzando una crisi che, secondo l’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, «può diventare da un momento all’altro
incontrollabile». Manifestazioni contro il governo della presidente ad interim, Jeanine Anez, sono in corso da giorni in tutto il Paese, ma ieri la situazione è diventata esplosiva quando una colonna di cocaleros ha cercato di forzare un blocco stradale dell’esercito e della polizia per recarsi da Sacaba a Cochabamba.
Per due ore manifestanti e forze di sicurezza si sono scontrati duramente, con l’uso anche di armi da fuoco. Testimoni oculari hanno confermato attraverso le reti sociali spari ripetuti, senza però poter determinarne le responsabilità. Portavoce dei manifestanti hanno accusato le forze di sicurezza di «aver cercato il massacro», mentre la polizia in conferenza stampa ha mostrato armi sostenendo di averle sequestrate ai militanti pro-Morales e denunciando la presenza di «infiltrati» determinati a generale il caos. Il bilancio delle nove vittime è stato comunicato da Nelson Cox, delegato dell’Ufficio del difensore del popolo boliviano, secondo cui la «pacifica marcia» dei cocaleros è stata attaccata con lacrimogeni e armi da fuoco dalla polizia.
Dall’esilio in Messico, Morales ha rivolto un nuovo appello ad una «grande riunione nazionale» per pacificare la Bolivia. Intervistato dalla Cnn in spagnolo ha ripetuto che «il modo migliore per pacificare il Paese è rendere possibile una riunione con Carlos Mesa, (Luis Fernando) Camacho, Evo, i movimenti sociali, e anche il governo 'de factò di Anez». Anche il governo, di fronte al precipitare degli avvenimenti, ha rivolto appelli al dialogo. A nome della presidente ad interim, il ministro della Presidenza, Jerjes Justiniano, ha assicurato alla tv statale che «il governo mantiene le porte aperte» a un negoziato con il Movimento al socialismo (Mas) guidato da Morales e con le organizzazioni sociali.
Questi appelli, in attesa dell’arrivo e dell’inviato personale del segretario generale dell’Onu, Jean Arnault, sono però caduti nel vuoto. È anche per questo che Michelle Bachelet, dopo aver condannato le violenze che hanno causato numerose vittime, ha osservato che «la situazione in Bolivia mi preoccupa davvero. La crisi può diventare da un momento all’altro incontrollabile se le autorità non la gestiranno con cura».
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