Affluenza record e trionfo dei democratici. Almeno stando ai primi dati, Hong Kong ha inviato un segnale chiaro di cambiamento alla Cina, eleggendo molti dei candidati simbolo della protesta. I primi risultati dello spoglio notturno delle elezioni distrettuali indicano che sui primi 100 seggi assegnati, sui totali 452, ben 90 sono andati alle forze democratiche che sono riuscite a strappare molte roccaforti al fronte pro-Pechino. Dopo sei mesi di proteste anti-governative, partite a giugno dalla controversa legge sulle estradizioni in Cina e diventate molto violente nelle ultime settimane, la popolazione di Hong Kong si è riversata in massa alle urne: sui 4,13 milioni di elettori totali registrati (+32% sul 2015), l’affluenza è stata del 71,2%, ha annunciato Barnabas Fung, a capo della Commissione per gli affari elettorali in una conferenza stampa in streaming. Si tratta della partecipazione più alta mai registrata dal passaggio del 1997 della città da Londra e Pechino, visto che il 71,2% ha superato non solo il 47% del 2015 (il massimo fino a oggi per il voto distrettuale), ma anche il 58% raggiunto nel 2016 per le più importanti elezioni del parlamentino locale. Fung ha anche rimarcato la correttezza e il clima pacifico delle operazioni elettorali, malgrado la presenza massiccia della polizia in tenuta antisommossa, rilevando che un terzo circa dei reclami ricevuti sono stati legati alle lunghe file per esercitare il diritto di voto. David Alton, membro della Camera dei Lord britannica, nel gruppo di osservatori internazionali chiamati per vigilare sulla correttezza del voto ha avuto buon gioco nel dire che l’alta partecipazione «dimostra che c'è un’ondata a Hong Kong che crede nella democrazia». Mentre Hu Xijin, editor-in-chief del Global Times, tabloid del Quotidiano del Popolo, 'voce' del partito comunista cinese, ha lamentato su Twitter «l'aiuto» dato nelle ultime settimane all’opposizione di Hong Kong dai media occidentali. I dati che continuano a fluire nella notte sembrano andare in una sola direzione: il consiglio di Wan Chai, uno dei centri delle proteste nel cuore dell’isola di Hong Kong, si avvia a una maggioranza pan-democratica. Kelvin Lam, sostenuto dall’attivista Joshua Wong, dopo la sua esclusione, vince con il 57%. «Sono estremamente lieto di annunciare che, malgrado la mia squalifica da parte di Pechino, il mio candidato Kelvin Lam ha vinto a South Horizons West. La consigliera uscente, Judy Chan, è una protetta di Regina Ip che sostiene la violenza della polizia e chiama i manifestanti 'scarafaggi'», ha scritto su Twitter l’ex leader del 'movimento degli ombrelli' del 2014, togliendosi un sassolino dalla scarpa. Il controverso parlamentare pro Pechino, Junius Ho, cede, per oltre 1.000 voti, il passo al democratico Lo Chun-yu che, a stretto giro, ha rivendicato il significato politico del voto come «una sfiducia chiara» verso la governatrice Carrie Lam. Jimmy Sham, coordinatore del Civil Human Rights Front, il gruppo capace di mobilitare due milioni di persone nelle grandi manifestazioni estive, si aggiudica il collegio di Sha Tin contro l’uscente Wong Yue-hon.