Morire in mare dopo aver deciso di intraprendere rischiose rotte alternative per evitare la consueta traiettoria che porta in Libia e dunque con alta probabilità nei centri di detenzione presenti nel paese, veri e propri lager che non solo impediscono l’ingresso in Europa, ma in cui si registra la violazione di basilari diritti umani e l'esposizione a ogni sorta di abuso. La disperazione prende diverse strade del mare: quella atlantica firma l’ultima strage in ordine di tempo, dove davanti alle coste della Mauritania si è capovolto un barcone. Con un tragico bilancio, di almeno 58 morti, che è uno tra i più alti registrati quest’anno.
L’imbarcazione è partita dal Gambia il 27 novembre scorso e trasportava almeno 150 persone, tra le quali donne e bambini, come riferito dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). I soccorsi, di cui non si conosce ancora il numero preciso, sono stati portati nell’ospedale di Nouadhibou, a nord della Mauritania. Stanno comunque ricevendo assistenza medica 83 persone, tra i quali due donne e almeno dieci minori, che sono riuscite a raggiungere la riva. I funzionari consolari del Gambia stanno incontrando con i sopravvissuti. L’imbarcazione, diretta alle isole Canarie, ha esaurito il carburante, come riferito da Laura Lungarotti, a capo della missione Oim Mauritania.
L’ennesima strage in mare arriva dopo pochi giorni dall’appello dell’Oim all’Unione europea e all’Unione africana per «un cambiamento immediato nell’approccio alla situazione in Libia», ribadendo che il paese «non è un porto sicuro». Ancora l’Oim segnala, in un comunicato della fine del mese scorso, che «tra martedì 29 ottobre e giovedì 21 novembre, gli operatori delle navi delle Ong Ocean Viking e Open Arms hanno riferito di aver salvato 287 migranti. Allo stesso tempo, l’Oim Libia conferma che la Guardia Costiera libica ha riportato a terra altre 289 persone, tra cui 14 bambini e 33 donne. I migranti sono stati trasferiti in un centro di detenzione». Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, "dall’inizio dell’anno, più di 8.600 migranti che hanno tentato la traversata del Mediterraneo sono stati riportati in Libia in centri di detenzione sovraffollati, dei quali le Nazioni unite hanno documentato le condizioni inaccettabili, le violazioni dei diritti umani e le sparizioni».
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