Storica visita nel campo di sterminio di Auschwitz, luogo simbolo degli orrori nazisti, della cancelliera tedesca, Angela Merkel, la prima di un capo di governo tedesco dal 1995. La visita è caduta in un momento di rigurgitante antisemitismo in Europa e in cui si teme che la morte degli ultimi testimoni del genocidio nazista possa complicare il processo di trasmissione della memoria e della verità. «Mi inchino alla sofferenza di queste persone, mi inchino alle vittime della Shoah», «non dobbiamo mai dimenticare», ha scandito la cancelliera, apparsa commossa ascoltando il racconto di un sopravvissuto, arrivato appena dodicenne nel lager nazista. La memoria dei crimini nazisti è «inseparabile» dall’identità tedesca, ha sottolineato Merkel, in un momento in cui l’estrema destra tedesca non si vergogna del passato nazista. «Ricordare i crimini, indicare i suoi autori e rendere un omaggio degno alle vittime è una responsabilità che non finisce mai. Non è negoziabile. Ed inseparabile dal nostro Paese. Essere cosciente di questa responsabilità è una parte della nostra identità nazionale», ha sostenuto la cancelliera, terzo capo di governo tedesco che visita questo campo (il più grande creato dalla Germania nazista) dal 1995, dopo Helmut Schmidt nel 1977 e Helmut Kohl nel 1989 e 1995. Merkel ha varcato di buon mattino il cancello del campo, su cui si legge ancora il sinistro slogan nazista: «Arbeit macht frei», «Il lavoro rende liberi». Era accompagnata dal primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, da un sopravvissuto di Auschwitz, Stanislaw Bartnikowski, 87 anni, e da rappresentanti della comunità ebraica. Giovedì Merkel ha annunciato la concessione di 60 milioni di euro alla Fondazione Auschwitz-Birkenau per la manutenzione del sito in cui furono trucidati oltre 1,1 milioni di persone, tra il 1940 e il 1945. La cancelliera ha visitato anche Birkenau, a tre chilometri dal campo principale, in particolare la rampa in cui i deportati venivano «selezionati» quando scendevano dai treni trasporto animali: i più giovani, i più vecchi e i più fragili venivano inviati direttamente a la morte. Bartnikowski aveva 12 anni quando venne fatto prigioniero di Auschwitz con il numero 192731: era stato deportato da Varsavia durante la rivolta nel ghetto nel settembre 1944. L’uomo ha raccontato la sua esperienza durante la visita della cancelliera. «Provo una profonda vergogna, visti i crimini barbarici che sono stati commessi qui dai tedeschi. Si trattava di crimini e crimini che andavano oltre ogni confine dell’immaginabile», ha aggiunto il capo del governo tedesco