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Elezioni in Gran Bretagna, trionfo dei conservatori di Boris Johnson

Boris Johnson

Le cassandre degli ultimi giorni della campagna elettorale sono state smentite: i conservatori di Boris Johnson hanno messo a segno un trionfo superiore alle aspettative alle elezioni anticipate britanniche. Stando agli exit poll di Bbc, Itv e Sky News, i Tory hanno conquistato con 368 seggi sui 650 di Westminster, una maggioranza assoluta che è il miglior risultato dai tempi della Thatcher e che spinge la corsa verso la Brexit.

Sconfitto pesantemente, invece, il Labour di Jeremy Corbyn, che si ferma a soli 191 seggi, con il suo peggior risultato dal 1935. Se i risultati saranno confermati (ma alle ultime elezioni, in quattro casi su cinque, gli exit poll britannici si sono rivelati attendibili), per BoJo si tratterà di una scommessa vinta nel modo più spettacolare, riuscendo in ciò in cui era fallita Theresa May: assicurarsi una forza parlamentare che gli permette di superare lo stallo e correre senza troppi impacci verso la realizzazione della Brexit nei tempi prefissati, ossia il 31 gennaio 2020.

Non solo riuscendo in questo modo a far approvare a tamburo battente l’accordo negoziato con l’Ue, ma facendolo con il sostegno, a questo punto palese, dei britannici. Ed è quello che riconosce anche un compagno di partito notoriamente critico nei confronti dell’uscita dall’Unione europea, ossia John Bercow. «Questo risultato», ha detto a Sky News l’ex speaker della Camera, «rappresenta una vittoria fenomenale per i Tory», che permetterebbe al premier di portare a compimento la «fase uno» del processo della Brexit. Ha gioco facile, il premier, ad esclamare «siamo la più grande democrazia del mondo», subito dopo l’annuncio degli exit poll, e sulla base di un vantaggio netto di 86 seggi.

E’ il miglior risultato dei Tory dai tempi di Margaret Thatcher, ed è uno dei peggiori per il Labour: bisognare tornare al 1935 per trovarne uno peggiore, quando i laburisti si fermarono a soli 154 seggi. Ma è stata una batosta anche per gli altri contendenti, ed in generale per il fronte anti-Brexit. Solo 13 mandati per i Lib-dem, la cui fiera campagna pro-europeista evidentemente non ha pagato, mentre miete 55 seggi dei 59 in palio in Scozia lo Scottish National Party, che già sembra intenzionato a chiedere un secondo referendum per l’indipendenza. La via potrebbe essere in salito con i Tory, mentre il referendum era la condizione posta ai laburisti per un governo di coalizione nel caso in cui BoJo non avesse conquistato la maggioranza assoluta.

Anche il primo paladino della Brexit, Nigel Farage, rimane a bocca asciutta: nessun seggio per la Brexit Party. I laburisti ammettono che per loro è un trauma, inatteso in queste proporzioni. «E' un risultato estremamente deludente per il partito e per tutto il movimento», scandisce il cancelliera dello Scacchiere ombra, John McDonnell, parlando alla Bbc. «E' arrivato come uno choc. Sapevamo che sarebbe stato difficile perchè la Brexit ha dominato su tutto». A niente è valsa la dura battaglia sulla tenuta del Sistema sanitario nazionale, per il quale hanno accusato Johnson di volerlo «svendere» agli interessi privati americani, e probabilmente hanno pesato invece le accuse di antisemitismo rivolte al Labour, di cui Corbyn non è riuscito a liberarsi, così come non si è liberato dell’accusa di essere troppo ambiguo rispetto alla Brexit, per la quale lui aveva proposto un secondo referendum: prospettiva che forse non ha allettato troppo gli elettori britannici.

A questo punto, sarà davvero «Get Brexit Done», come diceva l’ossessivo slogan di BoJo. Anche se al 31 gennaio seguirà una fase di transizione tutt'altro che facile, anche se la saldatura con con l’America di Donald Trump prevedibilmente si rafforzerà non poco. La storia da oggi cambia: non solo sparisce lo spettro dell’'hung parliament', il parlamento in bilico che ha tenuto la Gran Bretagna in sospeso per anni, ma l’Unione europea presto sarà più piccola.

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