Lunedì 23 Dicembre 2024

L'uccisione di Soleimani, il parlamento dell'Iraq: via gli Usa. L'Iran si ritira dagli accordi nucleari

Qasem Soleimani

I militari americani devono essere cacciati dall’Iraq: è quanto ha chiesto domenica il Parlamento iracheno al governo di Baghdad. La prima risposta al blitz americano in cui venerdì notte è stato ucciso il generale Qassem Soleimani è di natura politica, ma potenzialmente più incisiva dell’attesa rappresaglia iraniana. Con un’altra contromossa, Teheran ha annunciato un’ulteriore riduzione dei suoi obblighi relativi all’intesa nucleare del 2015, riservandosi di rendere operativo un numero illimitato di centrifughe per l'arricchimento dell’uranio. Intanto da Ahvaz, nel sud-ovest dell’Iran, a Mashhad, città santa sciita nel nord-est, una marea umana si è radunata per l'ultimo saluto al capo della Forza al Qods dei Pasdaran e al suo fedele alleato Abu Mehdi al-Mouhandis, capo delle Brigate Hezbollah irachene alleate di Teheran. Una partecipazione in parte spontanea, in parte frutto di una mobilitazione organizzata dal regime, per dare una dimostrazione di compattezza in questa pericolosissima sfida con gli Usa. Un camion ornato di fiori e coperto da un telo con disegnata la cupola della Roccia di Gerusalemme ha trasportato le bare dei due 'martiri' facendosi strada lentamente attraverso la folla ad Ahvaz, capoluogo del Khuzestan, provincia devastata dalla guerra Iran-Iraq (1980-1988), durante la quale la stella del generale iniziò a brillare. L’omaggio a Soleimani si è ripetuto a Mashhad, dove la grande partecipazione popolare, secondo le autorità, ha fatto allungare i tempi previsti, costringendole a cancellare le cerimonie in programma successivamente a Teheran. Martedì è prevista la sepoltura del generale dei Pasdaran nella sua città natale, Kerman. Bandiere verdi dell’Islam e rosse a simboleggiare il sangue dei martiri sventolavano tra la folla, dalla quale si è levato a più riprese il grido di 'Morte all’America'. Lo stesso slogan è stato scandito dai deputati durante una seduta del Parlamento di Teheran, che ha fatto appello alla rappresaglia contro gli Usa. Mentre a Beirut il capo dell’Hezbollah libanese, Seyed Hassan Nasrallah, ha parlato di «bare dei soldati americani» che presto cominceranno «a tornare negli Stati Uniti». La risposta dell’Iran all’uccisione di Soleimani «sarà sicuramente militare e contro siti militari», ha affermato Hossein Dehghan, consigliere militare della Guida suprema iraniana Ali Khamenei. Ma Teheran soppesa ancora le prossime mosse, consapevole che un passo falso potrebbe avere conseguenze catastrofiche. E intanto valuta la possibilità di seguire le vie diplomatiche. Il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif ha avuto un colloquio telefonico con Josep Borrell. Il responsabile della politica estera della Ue ha invitato a Bruxelles il ministro iraniano, chiedendo a Teheran di cooperare alla riduzione delle tensioni. Ma intanto Gran Bretagna e Francia esprimono solidarietà a Trump. «Non piangeremo» la morte di Qasem Soleimani, «una minaccia per tutti i nostri interessi», ha detto il premier Boris Johnson. Mentre il presidente Emmanuel Macron condanna «le attività destabilizzatrici della forza Al Qods sotto l’autorità del generale Qassem Soleimani». L’Iran ha intanto deciso di procedere con un nuovo passo - il quinto - nella riduzione delle restrizioni sul suo programma nucleare, togliendo ogni limite al numero delle centrifughe in attività. Una nuova reazione al ritiro dall’accordo del 2015 degli Usa, che hanno reintrodotto pesantissime sanzioni contro Teheran. La Repubblica islamica ha però assicurato che continuerà a permettere l’accesso ai propri siti agli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). In Iraq, intanto, la Coalizione anti-Isis a guida americana - di cui fa parte anche l’Italia - ha sospeso l’attività in coincidenza con la mozione del Parlamento perchè il governo revochi la richiesta di aiuto fatta dall’esecutivo nel 2014 alla forza internazionale di fronte all’avanzata delle milizie del Califfato. Per il momento non si parla ancora di ritiro, in attesa della decisione del governo. «Sarà la Coalizione, con tutti i suoi componenti - ha sottolineato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini - a determinarne gli sviluppi, nel quadro dei contatti sempre frequenti fra gli Stati Maggiori della Difesa dei Paesi Membri». Anche la Nato aveva sospeso sabato le attività addestrative e il segretario generale Jens Stoltenberg ha convocato per lunedì una riunione degli ambasciatori dei 29 paesi membri per un esame della situazione.

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