Il primo round del processo d'impeachment contro Donald Trump va ai repubblicani, che almeno per ora si oppongono all'introduzione di nuove prove: i 53 senatori del Grand Old Party si sono dimostrati compatti respingendo il primo emendamento proposto dal leader dem Chuck Schumer per acquisire tutta la documentazione della Casa Bianca riguardante l'Ucrainagate, ossia le pressioni del presidente su Kiev per far indagare il suo rivale nelle presidenziali Joe Biden. A favore i 47 senatori democratici, che però avevano bisogno di 51 voti. Non è escluso comunque che almeno quattro senatori repubblicani si decidano ad ammettere nuove prove in una seconda fase del processo, come ha lasciato intendere Susan Collins. Unica consolazione per i dem è aver strappato tre giorni, anziché due, per spalmare le 24 ore a disposizione per illustrare le accuse, evitando maratone notturne che ben difficilmente sarebbero state seguite dall'opinione pubblica. Lo show del processo d'impeachment, il terzo nella storia, comincia in una gelida giornata di sole invernale. Più fredda di quella di Davos, dove il presidente cerca un contraltare celebrando i fasti dell'economia americana e liquidando la messa in stato d'accusa come "una bufala", una "caccia alle streghe", una "sfacciata vendetta politica". Ma la temperatura è altissima nell'austera aula del Senato, dove si consuma il primo scontro frontale tra dem e repubblicani sulle regole e sui tempi del dibattimento, in un'atmosfera tesa anche per la folla di cronisti: i loro movimenti sono stati limitati nei corridoi e i metal detector accertano che non si portino telefonini o apparecchiature elettroniche in aula. Al centro della battaglia la controversa risoluzione presentata dal leader della maggioranza repubblicana al Senato Mitch McConnell che mira ad un processo rapido come auspicato da Trump e possibilmente senza nuovi elementi probatori. La speranza del presidente è di mettersi alle spalle il processo (con un'assoluzione, ovviamente) entro il 4 febbraio, quando terrà il discorso sullo Stato dell'Unione al Congresso.