Gli italiani sono mafiosi "per genetica": lo ha sostenuto sabato alla Fiera del Libro all’Avana la vicepresidente argentina Cristina Kirchner. «In Argentina il lawfare (l'uso del sistema giudiziario per screditare un avversario politico) ha avuto una componente mafiosa», che «ha portato alla persecuzione dei miei figli». «Una componente mafiosa che deve essere probabilmente causata dagli antenati di chi è stato presidente proprio come ha denunciato un noto giornalista del giornale Pagina 12 (giornale da sempre vicino alle sue posizioni politiche) quando ha parlato della 'ndrangheta. Devono essere quegli antenati», ha detto la vicepresidente riferendosi al suo avversario ed ex presidente di origine italiana Mauricio Macrì. La dichiarazione ha scatenato polemiche immediate e suscitato una presa di distanza del presidente in carica Alberto Fernandez che si è dissociato da Kirchner e ha sottolineato che «i valori dell’Italia sono fondamentali in Argentina. Ieri il presidente ha postato su Twitter una foto del suo incontro con l’ambasciatore d’Italia a Buenos Aires Giuseppe Manzo. «Con l’ambasciatore italiano @beppemanzo condividiamo i risultati della visita a Roma», scrive Fernandez. «Abbiamo parlato di investimenti produttivi e di cooperazione scientifica e tecnologica. Abbiamo anche evidenziato il contributo della comunità italiana e dei suoi valori allo sviluppo dell’Argentina». «Le farneticanti dichiarazioni della vicepresidente della Repubblica Argentina, Cristina Fernàndez de Kirchner, suonano a offesa non solo per la nostra comunità, ma per lo stesso popolo sudamericano». Lo ha dichiarato il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci a margine dei lavori, a Bruxelles, della riunione di insediamento del Comitato europeo delle Regioni. «È grave – aggiunge il governatore - che una personalità con ruoli di grande responsabilità si abbandoni a considerazioni che appartengono alla peggiore letteratura anti-italiana. Riconfermo, anche nella mia qualità di presidente della Regione Siciliana, i sentimenti di antica amicizia che hanno caratterizzato, per secoli, i rapporti tra i popoli delle due nazioni. Ci aspettiamo, dall'incauta e imprudente signora, le scuse formali. E la invitiamo a venire in Sicilia per conoscere da vicino come sono morti gli italiani onesti sulla trincea della lotta alla mafia». In realtà, presentando giorni fa la sua autobiografia 'Sinceramente' nella Fiera del Libro di L’Avana, la vicepresidente argentina ha proposto la sua interpretazione della natura della «persecuzione» da lei denunciata durante gli anni di Macri alla Casa Rosada. In America latina, ha detto, «si è utilizzata una 'lawfare', una persecuzione degli oppositori politici di un governo, a partire dall’apparato giudiziario». E, ha proseguito, «in Argentina si è manifestata con una caratteristica aggiuntiva: una componente mafiosa e mirata contro la mia famiglia ed i miei figli». Poi l’allusione a Macri, senza mai nominarlo: «Deve essere questa componente mafiosa degli antenati di chi è stato... come ha scritto un noto giornalista (Horacio Verbitsky, ndr.) su 'Pagina 12', quando ha menzionato la 'ndrangheta italiana. Devono essere questi antenati...». Il riferimento all’origine della famiglia dell’ex presidente Macri (in realtà Macrì) e il fatto che suo nonno Giorgio Macri, nato a Polistena, in Calabria, era cugino di 'Zu 'Ntoni Macrì', leader storico della 'ndrangheta calabrese, sono spesso stati evocati in passato in Argentina. Oltre al saggio di Verbitsky, c'è stato anche il volume del giornalista Rocco Carbone 'Mafia Capital - Cambiemos: las logicas ocultas del poder'.