Sono stati 1.920 i morti per coronavirus negli Stati Uniti nelle ultime 24 ore. E’ quanto emerge dalle rilevazioni della Johns Hopkins University. In totale gli Usa contano più di mezzo milione di casi e hanno superato l’Italia per il numero di decessi. Nonostante i numeri da brivido il dibattuto è acceso su quando riaprire l’America. Donald Trump vuole farlo il prima possibile, ma i governatori dei maggiori stati sono cauti, se non addirittura scettici, sull'ipotesi di una riapertura a breve, già in maggio. Decidere come e soprattutto quando 'liberarè gli americani dalle restrizioni e consentire alle aziende di tornare operative "è la decisione più grande di tutta la mia vita», ammette il presidente assicurando che si circonderà delle «menti migliori" per prenderla. «Ascolterò tutti ma alla fine la decisione è la mia», aggiunge. Trump frena comunque sull'ipotesi di riaprire agli inizi di maggio: non c'è infatti una data scritta nella pietra, tutto dipenderà dalle considerazioni sanitarie. Il peggio negli Stati Uniti è stato evitato con le restrizioni imposte e il distanziamento sociale: rimuoverle dopo soli 30 giorni rischia di far precipitare la situazione in estate causando un numero elevato di morti, mettono in guardia i Dipartimenti per la Sicurezza Nazionale e per la Sanità. Il timore è proprio quello di una seconda ondata nel caso in cui ci si affretti ad aprire e a farlo senza le dovute precauzioni. Una preoccupazione talmente forte in questo senso che diversi stati stanno già valutando di ridimensionare i festeggiamenti per il 4 luglio, il giorno dell’Indipendenza. Intanto scoppia la polemica sul capo della Sanità americana, Jerome Adams, accusato di aver offeso la comunità americana di cui fa parte invitandola a seguire le linee guida, a non fumare, non bere e non assumere droghe. Parole che piovono sui neri d’America come un macigno: gli afroamericani sono infatti la comunità più colpita dal coronavirus mostrando le profonde differenze razziali negli Stati Uniti. Trump è preso per la giacchetta fra Wall Street e gli industriali che gli chiedono di riaprire e gli esperti sanitari che lo invitano ad attendere. Ognuno ha le sue motivazioni: da una parte milioni di posti di lavoro che rischiano di andare all’aria e dall’altra decine di migliaia di persone che potrebbero morire. A fronte di indicazioni poco chiare i governatori e le autorità locali si muovono autonomamente. La contea di Los Angeles ha allungato le restrizioni fino al 15 maggio, quella di San Francisco fino al 3 maggio. Le linee guida dell’amministrazione sulle restrizioni durano fino al 30 aprile ed è probabile che se dalla Casa Bianca arrivassero nuovi indicazioni molti stati - per la prima volta tutti e 50 hanno dichiarato la calamità' - le seguirebbero. Lo farebbero probabilmente la Florida e il Texas, guidate da due governatori repubblicani che stanno già scalpitando per riaprire e tornare a girare a pieno rimo. «Riaprire è una questione di salute pubblica ed economica e non è mia intenzione separarle», dice il governatore democratico di New York Andrew Cuomo ribadendo che senza test non è possibile la ripresa in sicurezza. «Se avessi l’autorità prevista dal Defense Production Act», la legge varata negli anni 1950 durante la guerra di Corea per riorientare la produzione di alcune industrie, «la userei per la produzione di test», aggiunge Cuomo alla guida dello stato più colpito dal coronavirus e uno dei più importanti per l'economia americana per la presenza di Wall Street, tempio della finanza globale. Pur mostrando un "cauto ottimismo" sull'andamento della curva dei contagi e dei ricoveri, Cuomo non intende mollare la presa alla luce del numero dei morti: sono complessivamente 8.627, tre volti quelli dell’11 settembre. E lo fa capire anche al sindaco della Grande Mela. A Bill De Blasio che annuncia la chiusura delle scuole pubbliche per la restante parte dell’anno accademico e la loro riapertura in settembre, Cuomo dice: «non c'è nulla di deciso, è una sua opinione». Un messaggio chiaro con il quale Cuomo vuole precisare che non intende accettare fughe in avanti di metropoli o singole realtà: quello che serve contro il virus sono misure coordinate, «speriamo insieme ad altri stati vicini», aggiunge Cuomo. Non è la prima volta che il governatore contraddice pubblicamente De Blasio: fra i due non è mai corso buon sangue e il successo di Cuomo a livello nazionale irrita De Blasio, relegato in seconda fila e che si vede strappare l’occasione di una rivincita pubblica dopo la deludente perfomance nella corsa alla Casa Bianca. Ma il successo non smuove Cuomo: è "lusinghiero ma non corro per la Casa Bianca o per la vice presidenza. Resto il governatore».