L’Arabia Saudita pone dei limiti al boia. O meglio, ai giudici che emettono le sentenze: potranno continuare ad infliggere la pena di morte agli assassini o ai trafficanti di droga, normalmente mediante decapitazione, ma da ora in avanti non più ai minorenni, o comunque a coloro che non avevano ancora compiuto i 18 anni quando hanno commesso reati per cui è prevista la pena capitale. Lo ha reso noto il presidente della Commissione saudita per i Diritti Umani, Awwad Alawwad, citando un decreto reale, secondo cui «il condannato riceverà invece una pena detentiva, per non oltre 10 anni, in una struttura carceraria per minori». Per l’ultraconservatore regno saudita, che applica la Sharia, ovvero la legge islamica basata sul Corano, si tratta di un notevole passo avanti, che segue di pochi giorni anche l'abolizione della fustigazione in pubblico, finora inflitta per 'reati minorì come il consumo di alcol. Restano ancora in vigore invece pene come l’amputazione della mano per il furto, o la lapidazione per l’adulterio, che però vengono molto raramente applicate. Secondo l’ultimo rapporto di Amnesty International, nel 2019 l'Arabia Saudita ha messo a morte almeno 184 persone, tra cui almeno una persona accusata di un crimine commesso quando era minorenne. Negli ultimi anni, tuttavia, l’Arabia Saudita ha avviato un percorso di riforme considerate epocali, come la tanto attesa concessione del permesso alle donne di guidare l’automobile, oppure l’organizzazione dei primi concerti di cantanti pop donne, o la riapertura dei cinema, dopo un bando imposto per 35 anni. Si tratta di un processo strategico avviato dal controverso principe ereditario Mohammed bin Salman per una "modernizzazione» del regno, nell’ambito di un programma intitolato 'Visione per il 2030', in riferimento all’anno in cui l'Arabia Saudita dovrebbe aver completato la diversificazione della sua economia, ora basata quasi esclusivamente sull'estrazione petrolifera, e aver sviluppato settori di servizio pubblico come sanità, istruzione, infrastrutture, attività ricreative e turismo. Un processo che aveva portato sugli scudi il giovano principe ereditario, la cui immagine internazionale ha però subito un pesante contraccolpo dopo il drammatico caso del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, massacrato il 2 ottobre 2018 nel consolato saudita ad Istanbul. Un barbaro assassinio di cui è stato da più parti indicato come mandante proprio il principe Mohammad bin Salman.